“La gioia e la pace su questa terra cominciano solo quando si apre il cuore al Signore”

(Commento al Vangelo di don Simone Calabria)

Era tempo di carestia, nota l’autore della Ia lettura, per questo l’uomo aveva pensato di dare una tale offerta al profeta, se non che Eliseo non rifiuta il donativo ma lo dà «alla gente» che come lui era senz’altro affamata. 

Il miracolo è strepitoso. L’intento principale dell’autore non è celebrare il prestigio di Eliseo, quanto il suo altruismo, la generosità verso il bisogno degli altri, e raccomandarne l’imitazione. Se non si possono compiere i prodigi come Eliseo, nella nostra vita si possono compiere gesti di solidarietà verso chi è nel bisogno. 

S. Paolo, fa’ un discorso rivolto a tutti i cristiani di Efeso e a tutti noi, credenti in Cristo. Non si tratta della semplice accettazione di nuove dottrine, idee, ma di un modo di vivere personalmente e nei rapporti con gli altri.

L’umiltà, la mansuetudine o mitezza, la pazienza, è sempre una capacità di sopportazione, di resistenza quando si ha a che fare con persone arroganti, noiose, fastidiose. Quindi dobbiamo restare “uniti per mezzo del vincolo della pace”. Il Vangelo descrive una vita intessuta da un’infinità di incontri. Con chi? Con gente che ha bisogno: storpi, zoppi, ciechi, sordi, affamati, malati…

Una folla di uomini come noi: ognuno con un suo problema grande o piccolo, concreto come la malattia e la fame o spirituale come il dolore, il dubbio e la paura. E Cristo ascolta, si ferma e a volte risponde, come, ad esempio, con la moltiplicazione dei pani, con la guarigione dalla malattia o con la resurrezione da morte.

Cristo è venuto per questo, per rispondere ai nostri bisogni, al bisogno del nostro cuore.

La cosa fondamentale è riconoscere Cristo. Abbiamo bisogno di essere liberati dal male! Infatti il male non è solo soffrire, odiare, ma anche vivere per sé da soli, nell’indifferenza, senza Cristo; è vivere senza un perché.

Il male vero non è essere cattivi, ma non accorgersi o non voler accorgersi che abbiamo bisogno di Dio e dire: «Io basto a me stesso». «Noi siamo a posto»: non facciamo del male a nessuno, non rubiamo, non ammazziamo, non bestemmiamo. II male è soffocare con la nostra presunzione e superficialità, il nostro bisogno vero: siamo fatti per Dio e solo Lui ci deve bastare.

“Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova…Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini”.

A Gesù nessuno chiede nulla, è Lui che per primo si accorge e si preoccupa. Vorremmo tanto essere anche noi tra quelle 5000 persone, quella sera, sul lago.

Li invidiamo, non per il miracolo dei pani, ma perché attratti da Gesù, più forte di ogni paura: per stare con Lui, per ascoltare quella parola che riscalda il cuore.

I discepoli parlano di “comprare”, Gesù parla di “dare”. Apre un altro modo di essere: dare senza calcolare, senza chiedere, generosamente, gratuitamente.

A noi, che ogni giorno preghiamo nella recita del Padre Nostro: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», il Signore ci risponde: «Voi date il vostro pane».

Ci sono molti miracoli in questo racconto: il primo è quello della folla che è attratta da Gesù perché ha visto quello che compiva. Il secondo sono i cinque pani e i due pesci che qualcuno mette nelle sue mani, fidandosi, senza calcolare, senza trattenere qualcosa per sé. Terzo miracolo: è poco (5 pani e 2 pesci), eppure quel poco basta, secondo una misteriosa regola divina: quando il «mio» pane diventa il «nostro» pane, il dono è seme di miracolo. Infine il quarto: la sovrabbondanza, tipica di Dio: E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato”. Tutti mangiano e ne rimane per tutti. Hanno valore anche gli avanzi, le briciole, il poco che siamo, il poco che sappiamo fare e dare. Nulla è troppo piccolo di ciò che è donato con tutto il nostro cuore.

L’unico merito, diritto, che i cinquemila possono vantare è solo la fame. 

Qual’è la nostra fame? La nostra fame si sazia, il miracolo accade quando il “mio” pane diventa il “nostro” pane.

Qual’é allora l’aiuto che possiamo darci gli uni gli altri? Aiutarci a capire che la gioia e la pace su questa terra cominciano solo quando si apre il cuore al Signore, quando riconosciamo che solo Lui può nutrire la nostra vita, e che la vera libertà coincide con l’obbedire a Lui. Amen!

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