Tu seguimi.

VII settimana di Pasqua – Sabato

Commento al Vangelo – Gv 21, 20-25

A cura di don Giovanni Boezzi

Concludiamo il tempo pasquale affacciandoci alla solennità di Pentecoste con una sorta di dolce ricordo, annotato con cura dalla penna e, prima ancora, dal cuore dell’evangelista Giovanni: «Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato…» (Gv 21,20). Il discepolo amato viene caratterizzato da due note: l’intimità e la libertà. In un momento difficile è capace di poggiare il suo orecchio sul cuore di Cristo per seguirne i battiti e intuirne le emozioni. Non solo, proprio a partire da questa intimità, il discepolo amato può porre anche le domande più imbarazzanti: «Signore, chi è che ti tradisce?».

Ritrovare la memoria di questa domanda, posta al cuore della cena pasquale, sul lago in cui i discepoli ritrovano il loro Maestro e Signore nelle vesti di una madre amorevole che prepara loro il cibo sulla brace, è toccante. La domanda potrebbe essere riformulata in questi termini: «Signore, chi è che ti segue?». La risposta sibillina di Gesù alla domanda birichina di Simon Pietro ci deve scuotere e illuminare: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?» (21,23). Ciò che ci deve importare è di essere all’altezza del nostro cuore, assumendo fino in fondo il mistero unico e irripetibile della nostra relazione personale con il Signore risorto anche quando fosse meno gloriosa dell’esperienza di altri.

La liturgia oggi ci fa contemplare il mistero di Pietro e di Giovanni come forme diverse dell’unica sequela che va vissuta tenendo lo sguardo fisso su Gesù, senza cadere nell’antica tentazione di Caino e cedere così allo sterile confronto tra di noi, che rischia di generare solo amarezza.

La conclusione della lettura del Vangelo secondo Giovanni, che ci accompagna ormai da settimane, invece di farci porre gli occhi sul Cristo glorioso che ritorna presso il Padre e si assise quale Signore della storia alla sua destra (Mc 16,19), riporta lo sguardo del nostro cuore alle «molte altre cose compiute da Gesù» (Gv 21,25). Quelle «cose» si stanno ancora compiendo in mezzo a noi e, soprattutto, dentro di noi. È come se la storia fosse interamente e sempre una biblioteca che raccoglie quei «libri» mai scritti con l’inchiostro perché scritti con il sangue della vita spesa e donata. Una parola rimane…l’unica: «Tu seguimi».

Oggi prego con il salmo 10.

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Dal vangelo secondo Giovanni (21, 20-25)

In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere. 

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