La «via caritatis»

Sul capitolo ottavo di «Amoris Laetitia»

In dialogo con i fratelli e sorelle separati, divorziati, e divorziati risposati

Carissimi, non so quanti di voi abbiano letto l’Esortazione apostolica “Amoris laetita” di papa Francesco sull’amore nella famiglia. Il Papa dedica il capitolo VIII all’accompagnamento, discernimento e integrare la fragilità, nn. 291-292, per voi a più riprese, vorrei presentare il pensiero del papa per quanti vivono in situazioni di fragilità.

La disciplina delle situazioni cosiddette «irregolari» è solo una delle sfide, e nemmeno la più decisiva della pastorale matrimoniale. «Oggi – scrive il Papa nell’Esortazione apostolica – più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture» (AL 307), cosicché «la pastorale prematrimoniale e la pastorale matrimoniale devono essere prima di tutto una pastorale del vincolo, dove si apportino elementi che aiutino sia a maturare l’amore sia a superare i momenti duri» (AL 211).

L’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia verte principalmente, come precisa il titolo completo, «sull’amore nella famiglia». La debita attenzione al capitolo ottavo, dedicato alle fragilità delle situazioni matrimoniali, non corrisponde al miope intendo di chi riduce la sua ricchezza al punto dell’accesso o meno dei divorziati risposati alla comunione eucaristica, quanto piuttosto al desiderio di considerare come quella ricchezza illumini i vissuti coniugali più accidentati e tribolati, nella consapevolezza che «spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo».

La nuova via pastorale prospettata al capitolo ottavo di Amoris laetitia per accompagnare, discernere e integrare la fragilità dell’amore matrimoniale è indicata come via caritatis. «In qualunque circostanza, davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis» (AL 306). La via caritatis è, anzitutto, la via sulla quale «l’amore incondizionato di Dio» (AL 311) si fa prossimo a quanti sono «segnati dall’amore ferito e smarrito» (AL 291). La carità divina, riversandosi sulle fragilità e miserie degli errori umani, risalta come «misericordia “immediata, incondizionata e gratuita”» (AL 297). In essa «brilla la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio» (AL 311).

Sulla via caritatis la Chiesa esce per «annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona», cosicché «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi» (AL 309).

L’annuncio della misericordia di Dio invita coloro che ne fanno esperienza a «vivere di misericordia», cosicché la via caritatis diviene la strada sulla quale la Chiesa accompagna i suoi «figli più fragili» (AL 291).

La via caritatis non è un’altra via rispetto a quella che tutti i cristiani sono raccomandati di percorrere. Essa è, infatti, la via del comandamento nuovo di Gesù, che adempie ogni legge (cfr. Gal 5,14) e vale per tutti: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).

Per tutti i cristiani che vivono una situazione matrimoniale, l’unica via caritatis si specifica come via caritatis coniugalis. Di essa il Papa offre un vivido ritratto nel capitolo quarto, meditando sulle caratteristiche del «vero amore» decantato da San Paolo nel celebre inno alla carità in 1Cor 13. Percorrendo la via della carità coniugale, i coniugi inscrivono nel loro amore l’amore stesso di Cristo, amandosi l’un l’altro e amando i loro figli come Cristo dona e chiede di amare.

La carità coniugale, in quanto via da percorrere è orientata, incammina cioè in una precisa direzione, il cui punto focale è dato dal matrimonio, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa. Così inteso, il matrimonio: «si realizza pienamente tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fondamento di vita nuova per la società» (AL 292).

Come il faro di un porto che orienta la rotta dei naviganti, specialmente nella tempesta (cfr. 291), questo ideale pieno di matrimonio è irrinunciabile per la Chiesa, che mancherebbe di fedeltà al Vangelo qualora lo proponesse con «tiepidezza, qualsiasi forma di relativismo, o un eccessivo rispetto» (AL 307). D’altro canto, sempre proponendo la perfezione e invitando a una risposta più piena a Dio, la Chiesa, mentre ritiene che «ogni rottura del vincolo matrimoniale è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli» e della doverosità di accompagnarli «con attenzione e premura» (AL 291).

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