Al via il Convegno nazionale dei direttori e delle equipe degli Uffici catechistici

SCALEA. È partito oggi e si protrarrà fino a sabato 17 giugno, a Scalea (Cosenza), il Convegno nazionale dei direttori degli Uffici catechistici e dei membri delle equipe diocesane. Una full immersion nel tema “Il Kerygma” nella catechesi, ovvero l’annuncio esplosivo del mistero della morte e risurrezione di Cristo.

A partecipare all’incontro 220 membri rappresentanti di 100 delle 226 diocesi italiane con lo stile del brainstorming. A introdurre i lavori mons Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ucn. Uno dei fascini della pandemia è stata la bellezza del ritrovarsi insieme e la nuova sfida di questo tempo è quella trovare nuove strade per intraprendere nuove strade di annuncio della morte e resurrezione del Cristo per la salvezza di ciascuno di noi, alzando un po’ l’asticella rispetto al passato. Abbiamo a disposizione un patrimonio immane a cui attingere ma è importante da una parte non disperdere questo patrimonio e dall’altro quello di saper leggere i segni dei tempi. Un no secco anche alla ricerca dell’ennesima fotocopia da proporre ai bambini del catechismo.

Il primo relatore a prendere la parola è stato don Andrea Ciucci coordinatore di segreteria della Pontificia Accademia per la Vita, che ha sottolineato come la pandemia ci ha costretti a scontrarci con il mistero della vita e della morte. Anche ai nostri figli che solitamente non portiamo più ai funerali perché pensiamo che si possano impressionare, siamo stati costretti a parlarne.

Se pensiamo alle oltre 195.600 morti per Covid non possiamo dire che è andato tutto bene e di conseguenza non possiamo dire con troppa facilità che Dio ama il suo popolo e lo salva. Il Covid ci impone di evitare catechismi oppiacei o edulcoranti che non fanno i conti con la morte di Gesù.

Durante il Covid con la sospensione di tutte le attività associative ed ecclesiali abbiao potuto constatare che il Regno di Dio non si è fermato ma è rimasto all’opera. Si sono dovuti ripensare i luoghi dell’annuncio: case, giardini e mondo digitale sono stati riscoperti a che in questa dimensione di Kerygma.. Il mondo è più complicato di quanto noi ci aspettiamo. Non siamo chiamati ad annunciare degli stereotipi del passato ma un Gesù vivo e concreto nel nostro tempo.

Antonio Pitta, docente alla Pontificia Università Lateranense, dopo aver analizzato nel dettaglio il senso vero della resurrezione di Gesù Cristo alla luce degli scritti di San Paolo, ha presentato la resurrezione come un evento del presente in contrapposizione alla morte e alla sepoltura, che fanno parte della storia e quindi al passato. La resurrezione non è un evento naturalistico o miracolistico come la resurrezione di Lazzaro e riguarda non solo l’anima ma la persona tutta intera. Paolo non cita mai il sepolcro vuoto e per descrivere questo evento straordinario non fa neanche appello al tipo di sentimentalismo che caratterizza un film come quello di Mel Gibson. Il Kerygma non fa riferimento alla croce ma al crocifisso e non è legato ai sacramenti ma all’annuncio: nelle lettere di san Paolo il processo è inverso. Emblematico il racconto di Filippo e dell’eunuco: prima lo Spirito e poi il battesimo. I vangeli apocrifi non hanno resistito al tempo come quelli canonici perché ignorano la forza dirompente della crocifissione di Gesù. Con la resurrezione non è un ritorno al prima di morire ma avviene una metamorfosi.

Con un video Elena Granata, , docente al Politecnico di Milano, testimoniando anche con la sua personale esperienza dopo un tumore, ha cercato di rivoluzionare il concetto urbanistico e che si ha degli spazi come delle scatole chiuse: gli ospedali luoghi della salute, il parco il luogo dove luogo per contemplare la natura, la scuola per l’istruzione, il museo per la cultura e simili. La pandemia stessa ci ha insegnato a rompere questi schematismi. L’uomo di oggi ha bisogno di “rompere queste scatole”. Emblematico l’ultimo piano del Gemelli che è diventato un giardino che accoglie le malate oncologiche che devono fare la chemio in modo da far diventare anche questo luogo un posto dove vivere la nostra dimensione con la natura e al contempo vivere delle relazioni umane vere. Armando Bunzo ha ricreato un teatro dentro il carcere di Volterra, un teatro in cui i carcerati sono gli attori e aperto allesterno in modo che si creano delle relazioni umane al di fuori delle mura carcerarie. Quanto sarebbe più empatico ad esempio spiegare la fotosintesi clorofilliana in un bosco anziché dentro una semplice aula. I ragazzi e i giovani di oggi fanno emergere con forza nuove domande, nuove interconnessioni ripensando anche gli spazi. Oggi le nuove generazioni

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