“Quali frutti?”

In dialogo con i fratelli e sorelle separati, divorziati, e divorziati risposati

Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia

«Nell’angoscia ho gridato al Signore, mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo» (Salmo 117).

Carissimi, Emanuele conclude la sua testimonianza dicendo: oggi mi sento un “salvato”. Tutti noi – è vero – siamo stati già salvati dal Signore, ma è anche vero che tutta la vita è una riscoperta di questa verità di fede (che tante volte ci sfugge). Io ho toccato con mano la salvezza del Signore, quando, affidandomi a lui, mi ha liberato dall’odio, dalla sete di vendetta, dal tanto male che avrei potuto fare (in certi momenti, può passare di tutto per la testa…), e mi ha fatto sentire, forse per la prima volta nella mia vita, veramente libero (umanamente, resto uno sconfitto; ma in Lui, nel suo Amore, siamo vincitori).

In ogni caso, pur paradossale che possa sembrare, oggi mi sento più uomo di prima; e credo perfino di essere un padre migliore per mio figlio, di quello che avrei potuto essere attraverso scelte diverse.

La separazione per me non è stato un “incidente di percorso”. Un qualcosa di doloroso che può accadere, come si dice, “di questi tempi”. È qualcosa che mi ha toccato indelebilmente nel profondo, e che mi ha fatto conoscere un Dio diverso. Questa sofferenza ha fatto virare completamente la mia vita in un’altra direzione.

Sento che la scelta di fedeltà non può rimanere fine a sé stessa, ma ci chiama a qualcosa di molto più grande, che non comprendo fino in fondo, e che percorro a volte nel buio della sofferenza e della prova. Sento in maniera molto netta di essere in cammino, e ogni giorno affronto i miei limiti…

Non so quanta strada ho percorso dai primi tempi: noto solo che prima non riuscivo a guardare una coppia abbracciata o in atteggiamento di tenerezza, senza provare sofferenza o forse invidia. Ora, invece, mi viene naturale una breve preghiera: Signore fa che siano una bella famiglia, che si amino sempre, che non si lascino mai!

Carissimi, con questa bella preghiera Emanuele finisce la sua testimonianza. Ho voluto proporvela in più riprese, poiché Emanuele ci dice che attraverso la misericordia tutto è possibile, perdonare anche chi ha commesso il torto. Ci insegna che si può ritrovare una pace interiore solo se si chiede aiuto e si inizia un cammino di riscoperta di sé stessi. Ci insegna che attraverso questo cammino, presi per mano, si può essere di aiuto a tante altre persone o coppie che vivono il momento della fragilità. In ultimo, ci insegna che si può essere integrati in una comunità e “lavorare” per essa dando buona testimonianza.

Vorrei concludere con quanto ha scritto papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia al n. 297: «Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia “immeritata, incondizionata e gratuita”. Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino. Ovviamente, se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla comunità (cfr Mt 18,17). Ha bisogno di ascoltare nuovamente l’annuncio del Vangelo e l’invito alla conversione. Ma perfino per questa persona può esserci qualche maniera di partecipare alla vita della comunità: in impegni sociali, in riunioni di preghiera, o secondo quello che la sua personale iniziativa, insieme al discernimento del Pastore, può suggerire. Riguardo al modo di trattare le diverse situazioni dette “irregolari”, i Padri sinodali hanno raggiunto un consenso generale, che sostengono: «In ordine ad un approccio pastorale verso persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nella loro vita e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro» (Relatio Symboli 2014, 25), sempre possibile con la forza dello Spirito Santo».

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