Benedetto puledro!

(Commento al Vangelo di don Nicola Florio)

In questi giorni tanti mi hanno chiesto: ma quest’anno non potremo ricevere un ramo di ulivo benedetto? Che Domenica delle Palme sarà?

Ho cercato di riflettere anch’io; sono sicuro che il Signore ci sta chiedendo di uscire fuori dai nostri “riti” spesso abitudinari e qualche volta vuoti, per riscoprire il significato profondo di ciò che celebriamo.

La liturgia della Chiesa in questo giorno è ricca di chiaroscuri. Si parte dal festoso ingresso di Gesù nella città santa dove viene detto a gran voce: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21,9); si arriva al terremoto – storico e teologico – in cui si manifesta la profondità dell’Amore di Dio che per noi si è incarnato e ha dato tutto se stesso fino alla fine. Di fronte a questa manifestazione, in cui saltano tutti gli schemi (come per noi quest’anno), un uomo – un centurione romano – preso da timore e da stupore afferma: «Davvero costui era Figlio di Dio» (Mt 27,54). Dio manifesta tutta la grandezza del suo Amore, umiliandosi e morendo in croce per noi.

In questo dramma ampio e articolato, c’è un particolare che l’evangelista Matteo sottolinea con cura, richiamando un’antica profezia messianica di Zaccaria. Gesù esprime ai suoi discepoli una singolare richiesta: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me» (Mt 21,2). E l’evangelista aggiunge: «Questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Dite alla figlia di Sion: “Ecco a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”» (Mt 21,4-5).

Il Signore ha bisogno di un puledro per entrare in Gerusalemme e portare così a compimento la sua opera di salvezza. Beh: quel puledro, figlio di una bestia da soma, non pensava proprio di essere così utile al Signore!

Ecco ciò che possiamo vivere in questa Domenica delle Palme differente: lasciamoci sciogliere dalla nostra paura di essere inutili e di non servire a nulla di bello e di grande. Offriamo al Signore quello che siamo: a Lui servirà per realizzare ancora oggi il suo disegno di salvezza, per compiere il suo desiderio di essere il “Dio con noi” (Mt 1,23) e con tutti. Affermare che il Signore ha bisogno del nostro dorso, significa credere che con Lui le cose, le persone, il mondo possono realmente cambiare; significa credere alla potenza dell’Amore che vince ogni timore; significa fidarci di un Dio che dalla morte fa rinascere la Vita. E questa è la Pasqua. Solo attraverso questa disponibilità offerta al Signore, lo Spirito Santo può renderci testimoni del Re autentico, può farci vivere la nostra vita come Colui che si dona per amore: «Gesù di nuovo gridò ed emise lo spirito» (Mt 27,50).

Diventiamo come quel puledro… e forse vivremo la Settimana Santa più bella di tutta la nostra vita, cominciando da una Domenica senza palme… ma con più puledri!

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