“Un incontro che cambia la vita”

Commento al Vangelo di don Nicola Florio

Al centro del Vangelo di questa domenica c’è l’incontro tra un lebbroso e Gesù. Un incontro speciale, motivato da una forte e chiara necessità. Un incontro che diventa una manifestazione dell’identità di Gesù e del suo stile messianico.

Intanto c’è il lebbroso. Forse la lebbra oggi non ci fa più paura, ma a partire dalla pandemia abbiamo ben chiaro cosa significhi essere contagiati, con tutte le limitazioni che questo comporta, a partire dalla quarantena. Tante oggi sono le malattie che ci fanno soffrire: la povertà, la solitudine, la mancanza di accoglienza, il giudizio, l’emarginazione. Sono i mali del nostro tempo e rendono “lebbrosa” la nostra società.

L’uomo del Vangelo grida il suo male, ma lo fa diversamente da come era prescritto nella Legge di Mose. Stando, infatti, al libro del Levitico, «Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!» (Lv 13,45).

Quest’uomo grida, ma il suo grido non si ferma a denunciare la sua malattia; il suo è un grido carico di speranza: supplica Gesù in ginocchio e grida «Se vuoi, puoi purificarmi» (Mc 1,40). Quanto abbiamo da imparare! Sa di non aver alcun diritto da accampare; si abbandona, determinato e fiducioso, alla volontà di Gesù, riconoscendo in Lui uno che può cambiare la sua vita. Il suo grido nasce dal dolore ma è carico di speranza e di fede!

E poi c’è Gesù. L’opera di guarigione inizia con la sua commozione. Non teme di sporcarsi le mani con la vita di quest’uomo; si lascia coinvolgere, si fa vicino, tocca e si lascia toccare: «Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato”» (Mc 1,41). Quest’uomo viene toccato mentre è impuro: a Dio interessiamo più noi che le nostre imperfezioni. Noi veniamo raggiunti dal suo amore prima di ogni nostra opera e di qualsiasi merito, perché agli occhi di Dio siamo amati prima di essere amabili.

E poi, attraverso questa azione di Gesù, scopriamo il suo stile: Lui è il Messia che ci guarisce non nel segno dell’onnipotenza, ma nel segno dell’amore. Mistero che scopriremo in pienezza ai piedi della croce. E anche per questa ragione Gesù chiede al lebbroso guarito di non diffondere la notizia.

Gesù lo invita a non “pubblicare” subito l’evento, ma a prendersi del tempo per metabolizzarlo affinché quella guarigione fisica possa scendere nel suo intimo e guarire anche la sua anima. Gesù vuole darci il tempo per gustare i segni del suo amore nella nostra vita. Vuole amarci nell’intimo di noi stessi.

Perché quell’uomo non ce la fa a tener per sé quanto gli è accaduto? Perché accolto, amato e purificato da Gesù, prova l’ebrezza della sua nuova vita e lo fa vedere agli altri. La sua testimonianza non ha nulla a che fare con la riflessione teologica e spirituale, la meditazione biblica, la catechesi. La sua testimonianza è il frutto della concretezza storica di un incontro, dell’incontro che cambia la vita: quello con Gesù!

Lasciamoci raggiungere anche noi da Gesù: gridiamogli il nostro dolore, il male che abita il nostro cuore, ma facciamolo con tutta la fede di cui siamo capaci e animati dalla speranza di essere guariti. E quando gusteremo la sua presenza, accogliamola nel nostro intimo e poi raccontiamola agli altri non tanto con le parole, ma facendo quello che ha fatto Gesù: facendoci vicino, toccando e amando l’altro che ha bisogno dell’Amore di Dio. E così, con l’eloquenza della vita, saremo suoi veri testimoni!

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