Rendere a Dio quello che è di Dio è una gioia, una consapevolezza, una visione, una mentalità trasformante

(Commento al Vangelo di don Enzo Falasca)

Nel linguaggio comune è passata questa espressione: “DATE a Cesare quello che è di Cesare” ma in realtà c’è scritta un’altra cosa: “RENDETE a Cesare…”. Cioè “restituite” a Cesare quello che è di Cesare. “Date” è una cosa, “restituite” è un’altra!

Ai Tempi di Gesù c’era infatti quest’obbligo: oltre alle tasse, gli abitanti della Palestina dovevano pagare il “tributo” che era un denaro a colui che era impresso sulle monete che circolavano. Dietro a questo gesto si nascondeva una devozione, un culto, una sottomissione, un atto di “fede”: riconosco che Cesare, che l’Imperatore Tiberio è il mio re! Pagare il tributo era un atto di idolatria!

Gesù non sta dicendo “pagate le tasse”, siate onesti cittadini ma “restituitegli l’idolatria”, abbandonate l’idolatria. In realtà Gesù sta dicendo: se l’immagine della moneta mi chiede un’idolatria, una sottomissione, io te la restituisco, non la voglio, tienitela.

Ecco perché aggiunge: “RENDETE a Dio quello che è di Dio”. Cioè: restituite a Dio quello che è suo!
E che cosa è suo, che cosa ci ha dato che noi dobbiamo restituirgli?

Gesù mi ha dato la vita: gliela “restituisco” ogni volta che mi ricordo che è Sua, che è un dono Suo, che scorre in me la sua vitalità.
Gesù un giorno mi ha dato una comunità da guidare: gliela “restituisco” ogni volta che mi ricordo che ogni bambino, giovane, sposo, adulto, anziano, malato che ho il piacere di accompagnare è Suo, è a Lui che devo condurli. Glieli sto “restituendo” e questo mi dà tanta libertà.
Gesù un giorno mi ha dato uno sposo, una sposa, dei figli: glieli “restituisco” ogni volta che mi ricordo che non li posseggo, che non sono mia proprietà ma regali del Padre.

Gesù un giorno mi ha dato degli amici, dei compagni di scuola o di università, dei professori, degli educatori: glieli “restituisco” ogni volta che mi ricordi che sono figli del Padre, che la loro vita è sacra come la mia.
Gesù un giorno mi ha dato dei colleghi: “restituirli” al Padre è ricordare sempre la loro origine divina e il fatto che spesse volte non me li sono scelti e nella fede li vedo come un dono da custodire integralmente.

Il Padre mi ha dato una realtà da amministrare: li “restituisco” al Padre se mi ricordo che ho il potere di servire i figli del Re.
Rendere a Dio quello che è di Dio è una gioia, una consapevolezza, una visione della vita e del mondo, una mentalità trasformante. Restituire sempre tutto al Padre non è dire: “Non lo voglio”, ma è dire: “Non lo voglio dimenticare”. Io SONO, loro SONO del Padre… non lo voglio dimenticare mai.
Questa non è idolatria, è una “devozione” sana che ci colloca al posto giusto, quello di figli del Padre, con il vestito bianco del Battesimo.
E così ricevo l’Eucaristia, faccio la comunione con Gesù e con i suoi!

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