Lo spirito, maestro interiore

(Commento al Vangelo di don Gianni Carozza)

            Le parole di Gesù nella pericope evangelica odierna si trovano nei cosiddetti “discorsi di addio” del vangelo di Giovanni e propongono due temi: l’amore per Gesù e la promessa dello Spirito.

            Il tema dell’amare Gesù e dell’osservanza dei suoi comandamenti è molto frequente nel vangelo di Giovanni. Il discepolo che ama Gesù osserverà la sua parola. E a questo discepolo Gesù fa una promessa non di poco conto: «noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». E questa dimora sarà permanente. Quelli che amano e credono sperimentano la presenza dell’assente e possono guardare in avanti verso un ritorno definitivo quando Gesù e il Padre abiteranno con loro per sempre.

Più tardi, nel capitolo successivo, Gesù dirà: «Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore…» (15,9). Dimorare nell’amore di Gesù, sia nell’amore che Gesù ha per noi sia nell’amore che noi dobbiamo a lui, non indica certamente una permanenza romantica o mistica. L’invito di Gesù assume tutto il realismo e la concretezza della condizione essenziale che lo avvalora: l’osservanza dei suoi o del suo comandamento, che – come si sa – è l’amore scambievole posto in atto simbolicamente dal gesto di Gesù che lava i piedi dei discepoli.

Il secondo tema ricorda quali sono i compiti dello Spirito consolatore: «lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Ormai lo Spirito prende pienamente il posto e il ruolo di Gesù. La sua funzione è chiara: sarà egli il maestro dei discepoli, ma non in modo autonomo o come portatore di nuove rivelazioni, ma unicamente ricordando ai discepoli le parole di Gesù.

Il risorto dunque, sembra ricordarci il quarto evangelista, continuerà nel frattempo della storia a venire presso i suoi e nel cuore dei suoi. Sarà un venire assieme alla sua parola, al Padre e allo Spirito paraclito, cioè “chiamato accanto” a svolgere, nel caso, il compito di maestro interiore, di memore e di esegeta della parola del Signore.

Il maestro, infatti, si mostra piuttosto preoccupato per la tranquillità dei suoi discepoli, per la loro pace e la loro gioia. E la pace che egli dà è diversa da quella del mondo. È la “sua” pace. Pace come riconciliazione con Dio, con l’altro, con la natura e con la morte, riflesso amico del volto del Risorto al mondo che abitiamo.

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