La vocazione della famiglia: condivisione e servizio

Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia

Carissimi, la dimensione di servizio è segnata per il sacramento del matrimonio da una modalità e da un contenuto specifico nel loro essere dono per la Chiesa e per la società.

È interessante notare che la famiglia, fonte e luogo di comunione è chiamata a svolgere il suo compito simultaneamente nella comunità ec­clesiale e civile esprimendo così la coincidenza perfetta tra identità (cristiana, ecclesiale) e la missione (l’essere nel mondo, nel territorio). In questo suo compito, la famiglia non ha bisogno di tempi o di ruoli partico­lari, ma è “missione” semplicemente manifestando e partecipando ciò che è.

Nel Direttorio di Pastorale Familiare si afferma che «per la famiglia cristiana la partecipazione alla vita della società affonda le sue radici nella stessa grazia del sacramento del matrimonio, il quale, assumendo pienamente la realtà umana dell’amore coniugale, abilita e impegna i coniugi e i genitori cristiani a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a cercare il “regno” di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio.

Di conseguen­za il compito sociale e politico della famiglia cristiana rientra in quella missione di servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano in forza del sacramento del matrimonio, ricevendo a un tempo un comandamento ai quali non possono sottrarsi e una grazia che li sostiene e li stimola» (DPF n.163).

È bene tener presente un altro elemento, che può diventare strumento di pastorale, luogo di condivisione e di servizio: la casa. Le case delle famiglie cristiane dei primi secoli erano il luogo dell’incontro, della costruzione di relazioni cristiane, di conversione di pa­renti e amici, fino alle celebrazioni dell’eucaristia. Oggi le case rischiano di essere super curate per sé stesse e non per la preziosità del sacramento che vi “abita”. Vengono benedette, sono talora incontro per gruppi fami­liari ma raramente sono il luogo della “buona notizia”, della comunicazio­ne e testimonianza di fede, della dimostrazione di fraternità e amicizia.

La casa, pur piccola, va riportata nel vissuto della famiglia cristiana e della comunità parrocchiale ad essere “strumento pastorale”, mezzo per l’edificazione del “regno” di Dio. «Nel nostro tempo, così duro per molti, quale grazia essere accolti in questa piccola Chiesa, secondo le parole di San Giovanni Crisostomo, entrare nella sua tenerezza, scoprire la sua maternità, sperimentare la sua misericordia, tant’è vero che un focolare cristiano è il volto ridente e dolce della Chiesa!» (Paolo VI).

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2 Comments

  1. Inteeressante la pastorale per le famiglie.
    E le famiglie separate che collocazione trovano all’interno di una Pastorale FAMIGLIE,sono accolti e cercati come le famiglie che appartengono alla parrocchia che praticano le liturgie e i sacramenti?
    Sarebbe interessante capire come vivono i separati in Comunità parrocchiale e in quale dimensione pastorale si collocano perché separazione non sempre voluta ma obbligata ad accettare…

    1. Carissima Annamaria, rispondo alla tua riflessione sperando di essere esaudiente.
      Sono molto felice nell’aver letto ciò che hai scritto, però io credo che sia molto importante un cosa: una cosa che ho sempre sentito da divorziati fedeli e i divorziati risposati, ambedue con situazioni diversissime, però in ambo i casi mi hanno fatto sempre la stessa osservazione: «A noi i preti non danno spazio nella parrocchia», cioè l’essere soli e non accolti e la continua osservazione che si fa; quindi cosa vuol dire questo? Vuol dire che in realtà al di là di tutti i documenti, ci si aspetta solo di essere accolti ancor prima che si neghi la comunione, perché è chiaro che dietro ogni separazione c’è una tragedia, e non è che tu risolvi la tragedia facendo la comunione, la risolvi solo se ti senti accolto.
      Ecco perché vi si chiede di fare un cammino di fede insieme al vostro parroco e quelle famiglie che vivono all’interno della parrocchia che si esplica in tre punti: GRADUALITA’ nella pastorale a partire dalla gradualità della coscienza. Noi che siamo al di fuori dobbiamo avere rispetto della dignità delle scelte, dei tempi, dei contesti. DISCERNIMENTO che non è l’etica della situazione, ma il sì all’accoglienza, all’accompagnamento, alla lettura dei segni dell’attesa. Discernimento significa dunque la capacità di capire, nel concreto i segni di Dio e corrispondere alle situazioni senza formule predefinite. MISERICORDIA il Cardinal Martini diceva: “La misericordia non è altro che l’eccesso dell’amore”. L’eccesso significa la corrispondenza alla singolarità di ogni situazione, senza emarginare, anzi, puntando sempre ad integrare l’amore.
      Carissima Annamaria, accogliere, accompagnare, discernere, integrare le fragilità sono i quattro punti che un sacerdote insieme agli operatori di pastorale famigliare devono tenere ben a mente per iniziare un cammino di fede con chi vive il disagio della separazione dal matrimonio.

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