La difficile relazione educativa

del Dott. Emidio Tribulato

Psicologo e specialista in neuropsichiatria adulti e infantile

Rubrica a cura di don Giovanni Boezzi

In dialogo con i fratelli separati, divorziati e nuove unioni

Una delle principali conseguenze è la nascita o l’aggravarsi dei problemi di tipo educativo. Affinché un rapporto pedagogico sia efficace, sono necessarie alcune qualità essenziali: la stabilità, la serenità, l’autorevolezza, un dialogo efficace, chiari ruoli, ed infine un lavoro di squadra tra tutti gli adulti e i minori interessati. Al buon esito del processo educativo partecipano non solo gli adulti ma anche l’educando, il quale deve collaborare con altrettanta disponibilità ed impegno. Nel caso di genitori separati o peggio divorziati, spesso non vi è alcuna di queste condizioni.

Non vi è stabilità, perché le relazioni precedenti sono sconvolte dalle decisioni dei giudici e dagli accordi dei genitori, ma anche perché ognuno dei genitori è spesso impegnato a ricercare e a vivere altre amicizie, altri amori, altre passioni.

Non vi è serenità in quanto i genitori e, spesso, anche gli altri parenti e amici, sono coinvolti su come, quando e con quali armi potranno far del male alla controparte o su come, con quali mezzi e strumenti possono privare l’altro di qualcosa a cui tiene, piuttosto che su come ben educare il minore. Spesso, inoltre, le maggiori difficoltà economiche dovute all’incremento delle spese necessarie a mantenere due famiglie, nonché gli esborsi per spese legali, impegnano i genitori nella ricerca di nuove e più sostanziose entrate che permettano di vivere decentemente o almeno di sopravvivere.

Non vi è autorevolezza, in quanto con i loro comportamenti, spesso incongrui e contraddittori, l’immagine genitoriale scade agli occhi dei figli.

Non vi è collaborazione da parte dell’educando, poiché questi, investito da profonde e conflittuali dinamiche relazionali, difficilmente ha la serenità necessaria per aderire ad un processo educativo proposto da un genitore che giudica egoista, evanescente, contraddittorio, ma anche colpevole del proprio personale disagio.

Non vi è lavoro di squadra, poiché se i figli hanno dei comportamenti ansiosi, instabili, aggressivi, non trovano nei genitori inquieti una sponda capace di comprenderli, correggerli e indirizzarli adeguatamente. Spesso i due coniugi sono in concorrenza per avere rispettivamente tutto per sé l’affetto e l’attenzione dei figli. Se vi è qualche problema psicologico questo o viene negato, per evitare di essere emotivamente coinvolti o viene aggravato, in modo tale da dare all’ex coniuge la responsabilità di quanto accade: “Necessariamente Luigi si comporta così, in quanto ha un padre che l’accontenta in tutto ciò che chiede quando sta con lui. Quando poi io, madre, devo negargli qualcosa, egli mi giudica cattiva e si ribella”. “Francesco è capriccioso poiché sua madre lo sta allevando nella bambagia, come d’altronde è stata educata anche lei dai suoi genitori”. E ancora: “Mio figlio ha questi gravi problemi psicologici perché mio marito non si trattiene e lo fa assistere alle effusioni che ha con la nuova amica”. “Questo ragazzo ha il carattere capriccioso, caparbio, egoista di suo padre”. Poiché queste difficoltà educative si accentuano nel periodo adolescenziale, è in questo periodo che esplodono in modo più virulento i contrasti tra il genitore affidatario e i figli, specie se questo genitore è la madre, in quanto per la donna è più difficile e complessa la gestione educativa del figlio adolescente.

Inoltre, manca spesso, in queste situazioni, un dialogo efficace. Questo dovrebbe essere sereno e costruttivo. Ciò è difficile che avvenga in quanto, se il bambino nei fine settimana lascia la madre affidataria per andare a casa del padre, questi, piuttosto che impegnarsi in un sano e rispettoso dialogo, costretto spesso dalla guerra interminabile con l’ex coniuge, cercherà di sapere dal bambino elementi che possono mettere in cattiva luce la madre: “Cosa fa? Con chi esce? Ti accompagna a scuola?

Lo stesso fa la madre quando il bambino, trascorsi il sabato e la domenica con il padre, ritorna da lei. “Dove siete stati? Con chi siete stati? Cosa faceva tuo padre con quella donna che sta con lui?” Prevalgono nel dialogo i motivi di sospetto, diffidenza e ricerca di comportamenti o atteggiamenti colpevoli dell’altro. Pertanto, il rapporto genitori–figli si deteriora rapidamente, e molto spesso anche definitivamente.

Nell’educazione dei bambini di genitori separati o divorziati incidono pesantemente la mancanza di linearità e di un chiaro ruolo educativo. Il genitore affidatario, o comunque il genitore con il quale il bambino resta durante tutta la settimana, che è in genere la madre, ha difficoltà ad assumere contemporaneamente il doppio ruolo di padre e di madre, maschile e femminile. A sua volta il padre, che vede il bambino solo durante i fine settimana, non riesce ad avere con lui un ruolo autorevole di tipo paterno, per evitare che il bambino si irriti e rifiuti quel minimo di rapporto che si è instaurato tra di loro. Per tale motivo mette da parte il suo fondamentale compito per assumere una più comoda mansione di “padre – amico e complice con il quale andare allo stadio o vedere le partite alla tv”.

Inoltre, per accaparrarsi l’amore del figlio conteso, è frequente la tendenza, in entrambi gli ex coniugi, ad essere più permissivi di quanto si sarebbe voluto e si dovrebbe. Come conseguenza di ciò si ha, nei figli dei divorziati, una frequente presenza di comportamenti capricciosi ed infantili.

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