Innestati in Cristo per essere fecondi

(Commento al Vangelo di don Nicola Florio)

Questa domenica vuole portarci un po’ di conforto; attraverso l’immagine della vite e dei tralci utilizzata da Gesù nel Vangelo, conosciamo qual è il rapporto tra noi e Dio: Egli non è un padrone di cui aver paura, né solo un maestro da cui apprendere qualcosa; Egli è la nostra stessa vita e noi siamo innestati in Lui. La sua stessa vita come linfa scorre nelle nostre vene e si ravviva ogni domenica quando ci nutriamo del Corpo di Cristo.

E Dio, come un agricoltore, si prende cura di noi: sa quello che deve fare per darci pienezza di vita. Con Dio tutto può ripartire, ogni situazione può cambiare, ogni dolore può trasformarsi in gioia e ogni prova in consolazione. Dobbiamo solo permettere a Dio di essere la nostra vita; dobbiamo solo sceglierlo come Colui che può darci la vita

“Io sono la vite, voi i tralci”: Io e voi siamo la stessa cosa; stesso tronco, stessa vita, unica radice, una sola linfa. E l’unica cosa che ci viene chiesta è rimanere in Cristo. Non c’è nulla da conquistare, perché il dono c’è già: Dio in me. Dio vive in me, nonostante le mie distrazioni, i miei inverni, e tutte le forze che vogliono trascinarmi via da Lui. Via da Lui non c’è niente.

C’è solo un passaggio che forse ci incute un po’ di timore: quello della potatura. Diciamoci la verità: non sempre riusciamo a comprendere perché la vita ogni tanto ci impone dei tagli netti, radicali, che ci fanno male. Dio sa che alcune cose che scegliamo, che facciamo non hanno l’eternità dentro. “Senza di me non potete far nulla”. Ma quante cose facciamo senza Dio?

Il problema è che tutte queste cose spesso sono limitate, sono a tempo determinato, sono parziali. Se le cose non sono fatte in Dio, prima o poi finiscono. Queste sono le potature della vita. Ma la potatura, che fa male, è un dono immenso per le piante: grazie alla potatura, esse crescono più forti e danno frutti migliori. E questo fa Dio con noi: pota ciò che è morto, taglia il superfluo per renderci più forti e farci portare frutti migliori, frutti di bene, frutti di eternità. Gesù ci insegna che Dio taglia ciò che è sterile nella nostra vita, ciò che non porta frutto, ciò che è già destinato a morire.

Nei momenti in cui ci sentiamo improvvisamente feriti, potrebbe allora nascondersi la mano di Dio, che sa come renderci fecondi nella logica dell’amore.

Il filo d’oro che unisce il brano del Vangelo di oggi e illumina ogni dettaglio è il “frutto”: il Vangelo sogna mani di vendemmia e non mani perfette, magari pulite ma vuote. Per il Vangelo la santità non risiede nella perfezione ma nella fecondità.

don Nicola Florio

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