3°-“Gaudete et exsultate”: spronati alla perseveranza.

Spesso pensiamo ai santi come isolati pionieri, che in solitudine senza quasi relazioni affettive con gli altri, ma in mistica ,quasi statica condizione fisica e spirituale vanno avanti fino al Paradiso,e li vivono alla presenza di Dio,così come li mettiamo nelle nicchie delle Chiese. Siamo pronti a smontare questa nostra visione?

CAPITOLO PRIMO

LA CHIAMATA ALLA SANTITÀ  

I santi che ci incoraggiano e ci accompagnano

3. Nella Lettera agli Ebrei si menzionano diversi testimoni che ci incoraggiano a «[correre] con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (12,1). Lì si parla di Abramo, di Sara, di Mosè, di Gedeone e di altri ancora (cfr 11,1-12,3) e soprattutto siamo invitati a riconoscere che siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (12,1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. E tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine (cfr 2 Tm 1,5). Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore.

4. I santi che già sono giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami d’amore e di comunione. Lo attesta il libro dell’Apocalisse quando parla dei martiri che intercedono: «Vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia?”» (6,9-10). Possiamo dire che «siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. […] Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta».[1]

5. Nei processi di beatificazione e canonizzazione si prendono in considerazione i segni di eroicità nell’esercizio delle virtù, il sacrificio della vita nel martirio e anche i casi nei quali si sia verificata un’offerta della propria vita per gli altri, mantenuta fino alla morte. Questa donazione esprime un’imitazione esemplare di Cristo, ed è degna dell’ammirazione dei fedeli.[2] Ricordiamo, ad esempio, la beata Maria Gabriella Sagheddu, che ha offerto la sua vita per l’unità dei cristiani.

[1] Benedetto XVI, Omelia per il solenne inizio del ministero petrino (24 aprile 2005): AAS 97 (2005), 708.

[2] In ogni caso suppone che vi sia fama di santità e un esercizio, almeno in grado ordinario, delle virtù cristiane: cfr Lett. ap. in forma di Motu proprio Maiorem hac dilectionem (11 luglio 2017), art. 2c: L’Osservatore Romano, 12 luglio 2017, p. 8.

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