Il restituito dialogo con Dio

Quinta settimana del Tempo Ordinario – Venerdì

Commento al Vangelo di Marco 7,31-37

A cura di Don Giovanni Boezzi

Carissimi, l’udito e la parola sono due facoltà le quali, sia concretamente sia simbolicamente, fondano il rapporto interumano e il rapporto tra Dio e gli uomini. La storia della salvezza, dalla creazione e in tutte le vicende dell’antico testamento, passa attraverso una voce che chiama (“Dove sei?” ad Adamo in Gn 3,9, “Dov’è Abele tuo fratello?” in Gn 4,9, la chiamata di Abramo in Gn 12 e molti altri), un ascolto e una voce che risponde a questo appello. Ciò è molto evidente e suggestivo nel racconto della chiamata del profeta Samuele in cui si susseguono per tre volte “Samuele!” ed “Eccomi” (1Sam 3). La religione ebraico-cristiana è prima di tutto la religione della parola e dell’ascolto, poi del Libro. Il sordomuto, che già per la società del tempo è un escluso, impossibilitato ad ogni interazione, acquista in quest’ottica un ulteriore significato simbolico: è colui che è chiuso in sé stesso, a cui è precluso il rapporto di ascolto e risposta con Dio. Ogni uomo porta con sé una “sordità”, una refrattarietà alla parola che salva. Qui interviene il miracolo di Gesù, a rendere possibile tale rapporto con Dio. L’uomo a cui si aprono gli orecchi, che parla correttamente, è colui che, poi, proclama agli altri il suo incontro e diffonde l’annuncio. Questo brano mette inoltre in evidenza in modo molto chiaro alcune caratteristiche dell’operato da Gesù. In primis Gesù guarisce nel cammino, in piena zona pagana: ciò ci dice che non nella nostra perfezione ma nelle zone di infedeltà possiamo accostarci a Dio. In secondo luogo osserviamo che, come in tanti altri casi, sono altri a condurre a Cristo i bisognosi di guarigione e a pregarlo: sono coloro i quali hanno già sperimentato che straordinario incontro sia quello con Gesù, gli apostoli. Ogni credente ha una grande responsabilità, quindi nei confronti dei fratelli.

Oggi prego con il Salmo 31.

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Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». 

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