“È il Signore”

(Commento al Vangelo di don Nicola Florio)

All’alba e sulla riva. Non è ancora giorno e non è più notte. Non è mare aperto e non è terra asciutta. È questa la scena che si presenta a noi in questa terza domenica di Pasqua. Una scena indefinita, dove lentamente si prende coscienza della presenza del Signore.

Pietro, e con lui gli altri discepoli, decide di tornare a pescare, quasi a voler riprendere il proprio posto nel mondo dopo i fatti deludenti della passione e morte in croce di Gesù. Sogni infranti, cuori amareggiati, speranza morta. E allora si torna alla vita di prima, come se nulla fosse accaduto. Ma questo rimedio è un’illusione, non funziona: le reti sono vuote. La vita di prima non ha più senso.

E Gesù cosa fa? Egli è lì che guarda la scena e sembra non far nulla. In realtà, nel bel mezzo dell’incertezza e dell’indecisione, il Signore va incontro ai discepoli. Grazie alla sua Parola, inizia una nuova storia per i suoi: la notte vissuta lentamente diventa alba e poi giorno. Quel mare, apparentemente privo di risorse, dona 153 grossi pesci e diventa ben presto luogo di partenze e approdi per i pescatori di uomini. Quella riva, calpestata dal Risorto e nutrita dall’atto di fiducia dei discepoli, diventa terra ferma dove poter gustare la comunione della vita. È proprio da questo atto di fiducia che comincia a compiersi il prodigio. Se non ci fosse stata obbedienza a quella Parola, se non ci fosse stata quella rete gettata nuovamente in mare, nulla sarebbe cambiato, nulla avrebbe avuto inizio.

Fidarsi è gettarsi nelle mani di un Altro, è affidarsi facendosi a volte violenza andando contro se stessi, è uscire dalle delusioni, dalle fragilità, dall’esperienza del “nulla”, dalle proprie convinzioni. Fidarsi è accorgersi che dall’altra parte c’è già Qualcuno che ha preparato qualcosa per noi. Fidarsi è sempre affidarsi: consegnare se stessi e accogliere Cristo in noi.

Fidarsi è buttarsi, come fa Pietro, nel mare aperto della nostra storia perché riconosciamo il Signore, nonostante le nostre fragilità e i nostri tradimenti. E così, mentre si mangia insieme al Risorto, quando nel cuore di Pietro rinasce la tristezza per il suo tradimento, Gesù lo invita a guardare avanti con la forza dell’Amore che risana le ferite del passato. Tre volte ha rinnegato, tre volte ha la possibilità di rinnovare il suo amore per Gesù. Gesù ancora una volta gli manifesta stima e fiducia, affidandogli la missione di sempre – pascere (nutrire) e pascolare (condurre) le sue pecore – chiedendogli una “dichiarazione d’amore”. E questo Gesù lo fa con tanta delicatezza, adattandosi al linguaggio e alla capacità di Pietro (passa dal “mi ami?” al “mi vuoi bene?”). Questo amore rinnovato per Cristo, darà a Pietro la forza di spendere tutta la sua vita. E così Pietro riscopre la sua vocazione originaria.

Amiamo il Signore, fidiamoci di Lui, mettiamoci nelle Sue mani; tutto il resto non deve spaventarci: quello che conta è il legame con Lui.

E Gesù pronuncerà per Pietro e per ognuno di noi un’ultima parola: “Seguimi”. Che poi è sempre la prima!

don Nicola Florio

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