Seminatori o seminati?


(Commento al Vangelo di don Pieralbert D’Alessandro)

Leggendo qualcosa sulla semina ho capito pressappoco che chi semina non tiene conto solo della qualità del seme, ma anche del terreno che prepara in maniera maniacale: infatti leggo “per una buona semina bisognerà preparare il terreno, in particolare sarà necessario che i primi centimetri di terra siano ben soffici così da accogliere al meglio i semi e consentirne la germinazione”

Un terreno soffice riesce a idratare il seme (è proprio il terreno ad assorbire le molecole d’acqua e poi cederle al seme) e a proteggerlo”.

Qui si parla di strada, di rovi, di sassi.. E qualcosa alla fine sul terreno… Ancora una volta dobbiamo leggere il Vangelo con un genere letterario diverso da quello fotografico. La fotografia dice esattamente quello che si vede, la parabola invece dice anche quello che non si vede.

Se il contadino è Gesù, come abbiamo capito, è chiaro che non intende fare una semina perfetta. Tutt’altro. Lui semina ovunque, quasi disinteressato di dove arriva il seme. Non ha la strategia del “pastoralista” perfezionista e selettivo e non si muove secondo il detto: mogli e buoi dei paesi tuoi.

Per Gesù non ci sono i miei e i tuoi.

Quasi tira a casaccio quei semi, come a dire: mi rivolgo a tutti. Tutti, fossero i peggiori della terra, hanno diritto di ricevere la Parola. Diremmo noi che è uno sprecone, dato che i tre quarti della semina vanno a finir male.

Ma se facciamo un esame di coscienza, non siamo tante volte noi quel terreno sassoso e spinoso?

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