Dove pregare nel segreto della stanza o sopra un monte perchè tutti vedano?

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(C.E.I.) Matteo 6,5-6 Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6 Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

C.E.I.: Matteo 5,14-16 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15 né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

Mettendo questi due passi a confronto sembra quasi che il Signore ci dica da una parte di pregare nel segreto della nostra stanza e dall’altra di essere luce che risplende e che tutti possono vedere.

La prima domanda da porsi è “cosa significa pregare“.

L’Ave Maria, il Padre Nostro e tutte le altre preghiere che Santa Madre Chiesa ci insegna e ci invita a fare nostre e a pregare con queste parole sono un richiamo all’universalità e alla comunione della Chiesa. Se pensiamo che queste stesse preghiere si dicono in tutto il mondo anche se in lingue diverse e proviamo a immaginare che in un dato istante, la Chiesa inviti (e tutti i cattolici rispondono) a pregare in un giorno, una data e un’ora x con un Ave o un Gloria o qualsiasi preghiera quale comunione ci potrebbe essere in quel dato istante e anche se a migliaia di chilometri di distanza?

E’ una cosa che abbiamo sperimentato proprio in questo tempo di pandemia nelle tante occasioni in cui abbiamo potuto pregare con un numero di persone indefinibile tramite i mezzi delle comunicazioni sociali. E di sicuro abbiamo ancora impresso nella mente e nel cuore il momento in cui papa Francesco in piazza san Pietro invocava in un silenzio irreale e in apparente solitudine la liberazione dalla Pandemia sotto una pioggia battente davanti al Crocifisso Miracoloso. Proviamo per un solo istante a chiudere gli occhi e a tornare a quella scena.

Ma strettamente connessa a questa preghiera universale c’è un’altra dimensione di preghiera che è quella personale e che ci interpella continuamente per tessere un rapporto intimo, stretto e personale, a tu per tu con Dio in persona. È un dialogo interpersonale che si presta a essere h24 e che è capace di plasmarci e di illuminare tutta la nostra vita: un dialogo in cui l’altro ci ascolta senza perdersi neanche un singolo nostro respiro prima di pronunciare ogni singola lettera. Ogni genere di rapporto d’amore ha continuamente bisogno di essere alimentato. Dio è Dio e ci ama a prescindere ma noi abbiamo bisogno di abbeverarci alla sua fonte. E il Signore ci ha dato tante fonti a cui attingere. Primo tra tutti la Santissima Eucarestia: una delle più grandi espressioni della genialità di Dio. Con l’eucarestia ha trovato un modo per stare con noi non solo nei nostri cuori ma anche fisicamente  ogni giorno e in maniera carnale.

Se consideriamo la preghiera come un rapporto tra l’amato e l’amante, quindi come un rapporto tra due persone vive, non possiamo fare a meno di notare (perchè è esperienza comune) che gli innamorati si confidano dei “segreti” che è tanto bello conservare quanto è bello rendere fecondo l’amore che li anima e li muove. Così accade con la preghiera: vi sono delle intuizioni, delle emozioni, dei sentimenti che vanno conservate nel proprio cuore, proprio come faceva Maria, la Madre di Dio. Ve ne sono alcune che prima di essere comunicate, vanno lasciate decantare, maturare: va fatto un discernimento per metterle alla prova e vedere se davvero vengono da Dio. Ve ne sono altre infine che siamo chiamati a condividere con più facilità. “(Don Andrea Manzone)

Dopo preghiera “nel segreto della propria stanza” c’è una precisa indicazione di ciò che possiamo fare di tanta bellezza:

(C.E.I.) (Matteo 10, 26-33) “ Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze…

E’ come se il Signore ci dicesse “Ciò che io vi dico all’orecchio quando pregate nel segreto della vostra stanza personale poi gridatelo al mondo, annunciatelo dalle terrazze”. La fede è un tesoro troppo grande per tenercelo solo per noi. Non è un fatto privato o peggio ancora intimistico. Se così fosse sarebbe semplicemente un placebo per noi stessi e null’altro. Ma Dio è tutt’altro o meglio è una persona viva, la più importante in assoluto.

La dimensione della preghiera nel chiuso della stanza non può non farci ardere dal desiderio di doverlo annunciare in ogni modo, in ogni luogo e in ogni tempo, senza timori e senza vergogna. Quella relazione personale con Dio che coltiviamo attimo dopo attimo e giorno dopo giorno ci fa diventare come quelle persone innamorate che hanno nel cuore, nella mente e sulla bocca sempre il nome della persona amata.

E’ questa la luce che ci fa annunciare sui tetti la lieta novella, a divenire luce del mondo o sale della terra. Anche a livello logico se hai dentro di te l’amore di Dio, non puoi dire in nessun caso “Basta che Dio sa che io prego. Gli altri non è necessario che sappiano”. E se tutti ragionassimo così? Dio ha un infinito bisogno del nostro annuncio proprio per il desiderio di Dio di salvare tutti.

Ed ecco che prende vita il passo “non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini”. Oggi più che mai siamo chiamati ad annunciarlo al mondo intero. Costantemente dovremmo chiedere a Dio “Signore io Ti amo e voglio dirti il mio sì ad annunciarti donami il tuo Santo Spirito perché possa divenire un tuo strumento nelle tue mani dove e come vuoi Tu”. E ai tempi di oggi siamo chiamati a farlo anche con i mezzi di comunicazione sociale perché con questi mezzi possiamo arrivare anche a chi in chiesa non ci mette proprio piede.

In questi giorni di pandemia in cui sono stati a dir poco provvidenziali questi strumenti non solo per la fede ma in ogni ambito, mi immaginavo una persona sola e atea che viveva in un appartamento all’interno di un grossissimo palazzo e di una città come Milano e che casomai tra i suoi viaggi in rete gli capitasse un volto, una parola di Dio che attirava la sua attenzione e che lo spronava ad incuriosirsi e a cercare ancora. Come potrebbe cambiare la sua vita se quella parola in rete gli fa incontrare Dio?

Quando vivi con e di Dio tutto ha una luce e un valore diverso. La fede effetto placebo non ha nessunissimo senso. Ma soprattutto non è questo che Dio vuole da noi. Non a caso ci ha insegnato come preghiera il “Padre Nostro” e non il “Padre mio” e nei confronti degli altri dobbiamo sentire la corresponsabilità dell’annuncio.


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