La vita è dono vivendo per amore gustiamo e viviamo la gioia del paradiso

(Commento al Vangelo di don Silvio Santovito)

Nel Salmo 90 si loda Dio che è datore di vita, si ricorda che gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti è una verità che non dobbiamo mai dimenticare altrimenti rischiamo di vivere la vita come quell’uomo che costruisce la casa sulla sabbia, oppure come le vergini stolte del vangelo della settimana scorsa che rimangono al buio, nel buio si crede a tutto quello che il mondo propone, sembra di incontrare il successo ma non è quello che conta. Questo ci vuole aiutare a capire oggi Gesù con la parabola che ci racconta.

Nella parabola colui che parte è Gesù, i servi sono i discepoli che hanno detto di sì alla proposta di costruire il mondo nuovo. E’ servo chi è coinvolto personalmente con il progetto del padrone e lo condivide pienamente come se fosse suo. E’ mercenario chi fa tutto per interesse e tornaconto, per un proprio guadagno e per una ricompensa.
Ci chiediamo siamo coscienti di questa identità di servo? Ci sentiamo coinvolti e sentiamo nostra la causa del Vangelo? Oppure cerchiamo di esser buoni per ricevere la ricompensa, per avere un premio? Il servo non attende la ricompensa per lui alla fine c’è la gioia condivisa con il padrone per aver visto realizzato il progetto.

Nella parabola l’eredità consegnata è il talento che corrispondeva a 26 kg di argento puro, un valore corrispondente a 20 anni di lavoro, una somma enorme. Il talento che Gesù consegna a noi è lo Spirito, ci è consegnato sulla croce e deve essere messo in esercizio attraverso tutte le nostre capacità. Se non ci fosse stata la consegna dello Spirito, quella di Gesù sarebbe stata una bella testimonianza, ma noi non avremmo avuto la forza di essere come Lui. Umanamente non avremmo avuto la capacità di ripetere questo dono, solo lo Spirito donatoci da Gesù ci porta a vivere la nostra vita donandola per amore.

Ci chiediamo siamo coscienti del tesoro che il Signore ci ha consegnato? Ci rendiamo conto che abbiamo ricevuto lo Spirito che ha portato Gesù a donare la vita per amore?
Il servo che aveva ricevuto 5 talenti ha capito il valore di quel dono e subito investe, quel subito indica la necessità di non perdere tempo, il servo mette tutte le sue capacità a servizio di questa eredità.
Il secondo è ugualmente intraprendente. L’eredità ricevuta in dono investita con le capacità dei servi porta ad un raddoppio del capitale. Le capacità che ciascuno ha fa portare frutto allo Spirito di Dio nella nostra vita, per esempio sono intelligente posso pianificare aiuti per tutti nella condivisione, nell’amore o distruzione per tutti con le lotte, le guerre, o gli accaparramenti vari.
Proviamo ad immaginare un mondo guidato dallo Spirito donatoci da Gesù, dove tutto diventa amore, dove ognuno è rivolto alla vita del fratello per costruire insieme il mondo nuovo.

Nella parabola il terzo servo mette sottoterra questo dono, non mette le proprie capacità a servizio dell’amore, pensa che il padrone rivuole indietro il dono fatto, ha in mente che questo padrone è severo e cattivo di conseguenza vive la paura .Questo gesto del terzo servo ci ricorda che se uno sotterra la vita divina, la vita dello Spirito, significa che continua a vivere secondo gli istinti della carne e del mondo, questo servo ha sepolto se stesso come uomo, ha sotterrato la sua capacità di essere uomo che è quella di amare gratuitamente come il Padre ci ama.
Dopo molto tempo viene per la seconda volta il padrone chiama i servi per intavolare un discorso con loro, dopo aver dato fiducia vuole sapere cosa hanno fatto del dono ricevuto, non vuole indietro il dono ma solo sapere cosa ne hanno fatto,
I primi due servi hanno ricevuto, hanno investito e hanno guadagnato. Il guadagno è per loro, il loro guadagno è l’amore vissuto e donato così la loro vita è diventata una vita piena, vera, bella, carica di gioia.

Dalla bocca del terzo servo esce un giudizio severo verso il padrone, è lo stesso giudizio che tanti hanno di Dio, il suo comportamento non ha nessun segno di affetto figliale o fraterno, non ha capito che ha ricevuto un dono, ha pensato solo che sarebbe stato giudicato.
Quella che ha in mente questo servo è una immagine di Dio presente spesso nella vita di tanti cristiani, è una immagine di Dio che genera la paura, che non ci fa comprendere come siamo suoi figli. Il padrone, nella parabola, non sopporta questa idea su di lui e per questo qualifica il servo come uno  servo malvagio cioè come uno che è fuori dalla relazione con lui,  come uno infingardo cioè pigro, insensato, che non si è preso cura dei fratelli, come uno inutile che vive una vita sprecata perché nulla è stato investito sull’amore. La fine di questo servo è l’autoesclusione dalla gioia di chi appartiene al regno di Dio per rimanere in una vita triste e fallimentare.
La vita è dono di Dio, accogliendo il suo Spirito e vivendo la vita per amore gustiamo e viviamo la gioia del paradiso già sulla terra per questo non rinunciamo mai a vivere l’amore e se il pensiero di tanti anni da vivere ci distoglie da questo desiderio di amare allora cominciamo a vivere ogni giorno della nostra vita come se fosse il primo, l’unico, l’ultimo.

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