Giovanni Di Penta si racconta prima dell’ammissione agli Ordini Sacri del Diaconato
“Grato a Dio per le meraviglie che sta compiendo nella mia vita, con grande gioia e stupore nel cuore, vi annuncio che domenica 3 marzo 2024, alle ore 18:30, nella Parrocchia del Ss.mo Crocifisso, in Chieti Scalo ( Parrocchia vicino alla Stazione), l’Arcivescovo Mons. Bruno Forte, durante la Celebrazione Eucaristica, mi ammetterà tra i Candidati agli Ordini Sacri del Diaconato e del Presbiterato. È il primo passo verso il sacerdozio. È un prendere con maggiore impegno quella formazione spirituale, umana e culturale che deve essere essenziale per un prete. Sarà un momento di festa e lode a Dio per gli innumerevoli prodigi che compie in me e in ciascuno di noi. Una preghiera per me e per questo primo importante passo”
Giovanni Di penta con gioia testimonia quanto ha fatto finora il Signore per lui. Un Signore a cui si sta preparando a donare un Sì totale e incondizionato.
Chi è Giovanni?
Mi chiamo Giovanni Di Penta, sono nato a Vasto il 2 aprile 1999 e vivo a Tufillo, un piccolo paese del medio Vastese. Sono l’ultimo di due figli e provengo da una famiglia semplice. Sono un ragazzo fondamentalmente timido ed introverso, ma con la voglia di stare in mezzo alla gente; da tutto questo si può capire che sono un ragazzo che ama uscire fuori dalle righe tenendo ben a cuore chi ha di fronte, ossia il prossimo. Ho frequentato la scuola materna, primaria e secondaria a Palmoli e finita la terza media, mi sono iscritto al Liceo Classico a Vasto, ma non mi ci ritrovai bene e fui bocciato. Ci rimasi molto male, ma spesso dalle gravi situazioni si rinasce. Quell’anno cominciai ad andare anche alla Banda di Tufillo e il maestro, Prof. Nicola Mariani, sentito della bocciatura, mi suggerì di entrare al Liceo Musicale. Dopo vari ragionamenti accettai il consiglio ed entrai al Liceo Musicale “R. Mattioli” di Vasto e come strumenti scelsi di suonare il sax e la chitarra. Mi ci sentii subito a mio agio, proprio grazie alla musica che ha una forza incredibile di aggregazione. Porto sempre nel cuore il “Polo Liceale R. Mattioli” di Vasto, perché mi ha dato tanto
Quando e come è nata la tua volontà di entrare in Seminario?
Nel Vangelo di Giovanni, si dice che i primi discepoli sentendo parlare di Gesù, volevano scoprire dove dimorava e Gesù gli rispose di andare con Lui; l’evangelista poi chiude il racconto dicendo “Erano circa le quattro del pomeriggio”(Gv 1,39.) L’incontro con Gesù, cambia la vita ed esso te lo porterai sempre impresso nel cuore. Per questo posso dire che un primo seme è stato posto dentro di me nel giorno del mio onomastico, il 24 giugno 2004, quando avevo circa cinque anni. Mia mamma mi volle portare in Chiesa proprio perché era il mio onomastico. Solitamente, appena ascoltato il Vangelo mia mamma era costretta ad uscire perché facevo troppa commedia. Ma quel giorno, non fu così! Entrai in Chiesa e il parroco, Don Cesario Ronzitti, mi regalò un libricino e un ovetto. Ricevendo questo regalo, rimasi buono durante l’intera celebrazione. Da quel libricino e da quella Messa, sono sicuro che il Signore ha messo un seme nel mio cuore. Quando andavo in Chiesa e tornavo a casa, prendevo un foulard di colore viola di mia mamma, me lo mettevo sulle spalle e a modo mio ridicevo la Messa.
Crescendo ovviamente ho cominciato a pensare ad altre strade. Un giorno il pensiero di voler diventare sacerdote ritornò un po per caso: io che solitamente non guardo mai la televisione, mi ritrovai a vedere un film sui Santi Pietro e Paolo. Nella scena in cui Gesù parlò a Pietro, nei vari discorsi, tremai perché sembro che Gesù stesse parlando proprio a me. Per un po soffocai quei semi: cominciavo ad avere vari progetti per il futuro. Mi ero invaghito di una ragazza, ma portavo sempre dentro di me il desiderio di lasciar perdere e di dedicarmi totalmente a Dio.
Quelle “Quattro del pomeriggio”, non le potevo dimenticare. Io nel descrivere questa mia vocazione dico che un marito si prende cura di sua moglie e dei suoi figli, invece il parroco si prende cura di tutta la comunità, dal bambino appena nato, all’anziano allettato in ospedale. Sento molto mia, anche la figura di Don Lorenzo Milani, con il suo motto “I Care”: perché mi stanno a cuore tutte le persone che incontro e nella mia piccolezza, cerco di aiutarle nel miglior modo possibile, secondo le mie capacità. Quando questa chiamata è diventata più forte, ne ho parlato con il parroco e con la mia famiglia. Per quanto riguarda quest’ultima, mia mamma si era accorta e ne era felice. Mio padre e mio fratello hanno commentato: “Basta che tu sei felice”
Il Seminario è come te lo aspettavi?
No. All’inizio pensavo che il Seminario fosse un angolo di paradiso; dove si pregava tutto il giorno, si parlava solo di Gesù etc, tipo stile monacale; ma non è così. C’è la preghiera, c’è lo studio, ma ci sono anche momenti di svago e di fraternità con gli altri compagni; c’è un’apertura anche a livello pastorale. Non è sempre “un’isola felice”, perché più ti avvicini a Dio, più il nemico ti tenta e in questo cammino di discernimento è giusto affrontare varie prove, come del resto in tutte le altre vocazioni, perché come è scritto nella prima lettera di Pietro “Perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro […] tuttavia si prova con il fuoco”. Alla fine, si arriva sempre nel lodare Dio che ti ha dato la forza di affrontare le varie prove, solo se mettiamo tutto nelle Sue mani. In questi ultimi due anni sono in un’altra struttura, dove ci sono più formatori che seminaristi, ossia la Casa del Clero a Chieti; ma di tutto questo ringrazio Dio per farmi mettere in atto tutte le mie potenzialità, nell’aiutare e di prendermi cura, per quel che posso, degli anziani sacerdoti, ma soprattutto di conoscere tante belle realtà diocesane. Insomma mi sta “scartavetrando” sia a livello umano, sia a livello pastorale e anche a livello intellettuale, anche perché continuo gli studi teologici

Che cosa ti ha entusiasmato di più in questo tempo?
Per la mia Ammissione tra i Candidati agli Ordini Sacri del Diaconato e del Presbiterato, ho scelto il versetto di Giovanni 15, 13 che dice “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.”, appunto perché lo trovo come una sintesi di questi anni di cammino. Dare la vita per Cristo ed essere Cireneo dei miei confratelli seminaristi e delle persone che Dio mi pone accanto. Non è semplice, difatti ho passato anche molte notti insonni ma come scriveva la serva di Dio, Chiara Corbella Petrillo al figlio “L’amore ti consuma ma è bello morire consumati proprio come una candela che si spegne solo quando ha raggiunto il suo scopo.”, ma fidandosi di Dio e mettendo tutto nelle Sue mani, allora ogni cosa diventa molto più semplice, perché con “Dio non si fa naufragio”
Hai dei timori per la tua vita?
Di timori ce ne sono tanti, anche perché siamo in vari cambiamenti d’epoca. Ricordo quando sono andato all’Ammissione di un mio compagno di Classe, che con un mio confratello, siamo entrati, per una visita, nella cattedrale di Atri e un sacerdote ci ha detto, che per essere un buon sacerdote, bisogna avere tre caratteristiche: non essere attaccato al denaro; avere Dio nel cuore ed essere disposti a morire martire per il Vangelo. Non è semplice, ma non c’è cosa più bella che mettere tutto nelle Sue mani. Tante volte nel mio cammino, in preghiera, ho detto “Gesù non capisco perché mi sta capitando tutto questo, ma a tutto pensaci Tu e fai che veda sempre la Tua presenza” e di segni, ne ho visti tanti, anche lì dove mi pensavo abbandonato.
Cos’è l’Ammissione agli Ordini Sacri?
Non è un’ordinazione. Un tempo si chiamava “Tonsura”; ma l’ammissione agli Ordini Sacri è semplicemente un riconoscere da parte della Chiesa della propria vocazione e una propria responsabilità nel prendermi cura del mio rapporto sempre più profondo con Lui…L’ammissione è il primo gradino verso l’Ordinazione; parlando in termini molto più semplici: l’Ordinazione è il matrimonio; l’Ammissione agli Ordini Sacri, è un fidanzamento ufficiale.
Hai un santo che ti affascina più degli altri?
Devo dire innanzitutto che sono molto legato alle varie figure di santità, difatti a casa e in camera ho molte statuine. Nella mia adolescenza, ho sofferto molto di solitudine e tante volte mi recavo a pregare davanti ad esse e mi colpiva sempre il loro essere insieme e mi dicevo tra me “Ora qui le ho sistemate così; ma figuriamoci in cielo come si aiutano a vicenda e stanno insieme a far festa” e mi commuovevo sempre di questa unità…Da lì, al giorno d’oggi, cerco di mettere in pratica sempre la fraternità, l’unità etc; difatti se uno mi dovesse chiedere “Che regalo desideri?” Rispondo che desidero il regalo che non si scarta: l’amicizia, la fraternità, l’unità, la verità…perché sono cose che rimangono per l’eternità, tutto il resto lascia il tempo che trova….Anche per il passo dell’Ammissione agli Ordini Sacri, mi sono affidato a tre figure di santità molto moderne: San Giovanni Paolo II, il Venerabile Don Tonino Bello e la Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo, santi che mi hanno accompagnato in questi anni formativi, insieme anche al Beato Piergiorgio Frassati. Non è santo, ma un’altra figura sacerdotale che porto sempre con me è Don Lorenzo Milani e il suo motto “I Care”, perché mi stanno a cuore tante cose e tante situazioni.