La messa a catechismo del secondo anno: arredi sacri tipici di ogni chiesa cristiana

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Il termine “chiesa” che identifica il luogo in cui i fedeli si riuniscono per partecipare alle celebrazioni e per pregare viene scritto con la “c” piccola invece quando ci riferiamo alla Istituzione, e a tutto il popolo credente usiamo il termine Chiesa scritto con la lettera grande.
Anche se riferendoci alla chiesa come struttura lo scriviamo con la lettera minuscola, sono luoghi incredibili densi di vita. Non a caso le più belle opere d’arte, quelle che ti fanno pensare “Possibile che un uomo sia stato capace di realizzare un’opera così indescrivibilmente bella?”. Sono opere di una bellezza che trapassa l’anima a distanza di secoli e secoli dalla loro realizzazione e in alcuni casi anche se sono rimasti incompiuti.
Una sensazione di bellezza che prescinde dalla fede del capitato che ci si trova di fronte. Spesso sono mete turistiche. Ma se proviamo a metterci nei panni degli autori nel momento in cui l’hanno già vista nel loro cuore, molto probabilmente nel voler raffigurare Dio, Gesù, lo Spirto Santo, la mamma di Gesù, i Suoi Angeli e i Suoi Santi, avevano in loro una consapevolezza di tanta meraviglia fuori dal comune.
I segni visibili di un edificio religioso sono sempre (o quasi) segni di realtà invisibili delle cose di Dio.
In ogni chiesa cristiana troviamo questi elementi.

Dove c’è una porta c’è una soglia, varcare la soglia c’è il passare dal fuori al dentro, dal mondo al alla presenza di Dio, passare dalla dimensione orizzontale (il mondo) a quella verticale (Dio: il Padre che ci ama, il Figlio che dona la vita per noi, e lo Spirito Santo che ci guida. Dai rumori del mondo alla voce di Dio, dal finito all’infinito.
Avete mai visto uno dei tre film di Ritorno al futuro? Il varcare quella soglia è come fare un salto nel tempo e nello spazio. Nello spazio fisico del passaggio da un luogo all’altro, il Signore ci chiede di aprire un latro grande portone: il nostro cuore. “Ecco io sto alla porta e busso se qualcuno mi apre, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3, 20).
Nel varcare quella soglia ci portiamo con noi tutto noi stessi, le nostre gioie, i nostri timori, i nostri problemi, le nostre delusioni, ..tutto ciò che siamo con i nostri pregi e i nostri difetti, è varcare la casa del Padre che non vediamo da tanto tempo e che ci aspetta a braccia aperte e non vede l’ora di stare con noi.

È sempre rialzato rispetto al resto. È la mensa attorno alla quale il Signore raduna e alimenta i suoi discepoli; memoriale del suo corpo spezzato e del sangue versato; immagine di Cristo, unico fondamento sul quale si costruisce la Chiesa. Nel primo millennio, quando non c’era ancora il tabernacolo, i cristiani entrando in chiesa veneravano l’altare con l’inchino e anche con un bacio.
L’altare ricorda la tavola sulla quale Gesù ha “celebrato” la sua ultima cena anticipando il Suo sacrificio che si sarebbe realizzato offrendosi sull’altare della croce.
In questo modo c’è un rapporto diretto e intrinseco tra tavola (altare) e croce, sui quali c’è la vittima, realizzando un’unità o una fusione tra Gesù e la croce, tra Gesù e l’altare.
Sull’altare è rappresentata non solo la persona divina di Gesù, ma anche la sua azione a favore degli uomini.
«L’altare, attorno al quale la Chiesa è riunita nella celebrazione dell’Eucaristia, rappresenta i due aspetti di uno stesso mistero: l’altare del sacrificio e la mensa del Signore, e tanto più in quanto l’altare cristiano è il simbolo di Cristo stesso, presente sia come vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi» (n. 1383). Il sacerdote bacia l’altare all’inizio e alla fine della liturgia. La liturgia stimola tutti i sensi e il bacio è di sicuro uno dei gesti più affettuosi e carichi d’emozione di ogni uomo ad ogni età. Si pensi al bacio della mamma. Baciamo per esprimere affetto intimità tenerezza, saluto, gioia, gratitudine, intimità e tenero affetto. Nel bacio del sacerdote all’altare c’è tutto il bacio della Chiesa a Cristo come quello di uno sposo a una sposa.
Sotto l’altare si possono porre reliquie di santi; sia coperto da una tovaglia e sopra o accanto a esso vi siano una croce e i candelieri (cf. Institutio generalis Missalis Romani, 298-308).

L’importanza della parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunziata, e verso il quale, durante la Liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli. Conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. L’ambone, secondo la struttura di ogni chiesa, deve essere disposto in modo tale che i ministri ordinati e i lettori possano essere comodamente visti e ascoltati dai fedeli. Dall’ambone si proclamano unicamente le letture, il salmo responsoriale e il preconio pasquale; ivi inoltre si possono proferire l’omelia e le intenzioni della preghiera universale o preghiera dei fedeli. La dignità dell’ambone esige che ad esso salga solo il ministro della Parola. E’ conveniente che il nuovo ambone sia benedetto, prima di essere destinato all’uso liturgico, secondo il rito descritto nel Rituale Romano (OGMR 309).
L’ambone deve costituire una presenza eloquente, capace di far echeggiare la Parola anche quando non c’è nessuno che la sta proclamando. I fedeli che li ammirano, anche fuori della celebrazione liturgica, devono poter ricevere il richiamo forte ed efficace della presenza di Cristo – maestro.

Si tratta di un mobile, solitamente costruito in legno, utilizzato per inginocchiarsi e pregare. Se osservate le panche su cui ci si chiede tutte sono fatte in modo che le persone ci si possano inginocchiare. Oltre alle panche ci possono essere altri inginocchiatoi davanti al tabernacolo, a un altare minore, alla statua di un santo o di una Madonna. Tipicamente è composto da un piano di appoggio per le ginocchia, di solito imbottito o coperto con un cuscino, e un’alzata su cui posare le mani nell’atto della preghiera. Nell’inginocchiarci noi riconosciamo che noi siamo creature di Dio e confessiamo la nostra fede in Lui riconoscendo che Lui è l’unico Signore della nostra vita. La Gloria di Dio è l’uomo vivente. San Tommaso d’Aquino diceva che l’uomo che si sottomette a Dio trova la sua grandezza e diventa anche più intelligente, conoscendo se stesso e le cose nella loro misura, ossia alla luce di chi le ha create.

Noi quando nasciamo siamo immersi nell’acqua e anche quando veniamo battezzati l’acqua caratterizza il nostro stato dell’essere figli di Dio. Sin dalle origini del mondo la bibbia ci racconta “Lo Spirito di Dio aleggia sulle acque”. Anche nel racconto di Mosè Il mar Rosso è segno di liberazione dalla schiavitù. L’acqua è uno dei quattro primordiali: acqua, terra fuoco e aria.
L’acqua ha un duplice compito: lavare e purificare e generare (ci avvolge nel grembo materno e ci alimenta) e conservare vita (abbiamo bisogno assoluto di bere per vivere).
Se cominciate a farci caso in tutte le chiese c’è almeno un’acquasantiera dove c’è dell’acqua benedetta e solitamente quando si entra in chiesa dopo essersi inginocchiati si bagna la mano con quest’acqua e poi ci si segna con il segno di croce. Questo segno così semplice e così profondo serve a ricordarci che anche se abbiamo bisogno di purificarci siamo figli di Dio.
Tabernacolo – Lampada del Santissimo
Il Tabernacolo è il cuore della Chiesa: esso richiama la presenza di Dio in quanto vi vengono riposte le ostie consacrate (detto anche Santissimo Sacramento) in seguito alla celebrazione dell’Eucarestia.
Il tabernacolo è il luogo della chiesa che custodisce la pisside contenente l’Eucarestia.
Questo fa del tabernacolo il cuore e il fulcro pulsante di ogni chiesa, il riferimento di coloro i quali si recano a pregare e adorare il corpo di Cristo anche al di fuori delle celebrazioni.
Il termine tabernacolo deriva dal latino tabernaculum, diminutivo di taberna. Il suo significato è dunque dimora, la casa di Dio presso gli uomini.
Esso non solo voleva richiamare la presenza di Dio, ma anche dimostrare come essa fosse vicina, sotto gli occhi dei fedeli, adiacente alla loro quotidianità. Il Tabernacolo da mensa nasce dalla tradizione dei primi cristiani di custodire il pane benedetto nella propria casa, per poterlo adorare in ogni momento, per farne una presenza costante nella vita di tutti i giorni.
In passato era situato al centro stesso del presbiterio, sopra l’altare maggiore, o comunque in una posizione centrale, dove i fedeli potevano averlo costantemente in vista. In tempi più recenti sembra aver perduto questa posizione preminente: spesso è situato su una colonnina un po’defilata, o addirittura al di fuori del presbiterio, in una cappella o altare laterale.
Ci sono delle chiese che hanno più tabernacoli ma per riconoscere se dentro ci sono le ostie consacrate ve ne accorgete che a fianco c’è un lumino acceso proprio a dare testimonianza della presenza viva di Gesù. Un’altra cosa che ci insegna la lampada davanti al Santissimo è il silenzio. Essa arde notte e giorno, in disparte, nella sua semplicità, anche quando nessuno vi pensa. Noi siamo chiamati a essere come la lampada, sempre presente vicino a Lui: l’amico del cuore con cui condividere ogni cosa

La sede è il luogo liturgico proprio che esprime il ministero di colui che guida l’assemblea e presiede la celebrazione nella persona di Cristo, Capo e Pastore, e nella persona della Chiesa, suo Corpo (cf. CEI, Prenotando al Rito dell’Ordinazione, nn. 1-10). Il sacerdote durante la liturgia ha questi compiti:
• presiedere il popolo radunato come Buon Pastore
• annunciare la salvezza
• insegnare i segreti del Regno come Maestro
• offrirsi in atto d’amore al Padre e ai fratelli come.
Esso è il segno dei luoghi in cui Gesù annunciava la lieta novella. È da qui che il sacerdote con il Segno di Croce apre ufficialmente l’Eucarestia.
La sede di presidenza della celebrazione, in tutte pe chiese si chiama sede, mentre nella chiesa propria del vescovo si chiama cattedra e quindi la chiesa che la ospita si chiama cattedrale.

La Via Crucis è un rito della chiesa cattolica atto a ricostruire e commemorare il doloroso cammino compiuto da Cristo mentre si dirigeva verso la crocifissione sul Golgota.
In ogni Chiesa non mancano delle raffigurazioni delle 14 stazioni di questa via e sono poste distanti una
La Chiesa ha conservato memoria viva delle parole e degli avvenimenti degli ultimi giorni del suo Sposo e Signore. Memoria affettuosa, se pure dolorosa del tratto che Gesù percorse dal Monte degli ulivi al Monte Calvario. La Chiesa infatti sa che in ogni episodio accaduto durante quel cammino si cela un mistero di grazia, è racchiuso un gesto di amore per lei.

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