1 Novembre – Solennità di Tutti i Santi


(Commento al Vangelo di don Simone Calabria)

Nei Santi diventa ovvio: chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino” (Papa Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 42).

La solennità di Tutti i Santi, che oggi celebriamo, ci invita ad innalzare lo sguardo al Cielo e a meditare sulla pienezza della vita divina che ci attende. “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato” (cfr. IIa Lettura): con queste parole l’apostolo Giovanni ci assicura la nostra profonda unione con Dio, come pure la certezza del nostro destino: essere beati, felici. Come figli amati, perciò, riceviamo anche la grazia per sopportare le prove di questa esistenza terrena – la fame e sete di giustizia, le incomprensioni, le cattiverie, la gelosia, e, nello stesso tempo, ereditiamo fin da ora la vera gioia.

Gesù, con le Beatitudini, ci invita a seguirlo, a percorrere con Lui la via dell’amore, la sola che conduce alla vita eterna. Non è una strada facile, ma il Signore ci assicura la sua grazia e che non ci lascia mai soli. Tante prove, difficoltà, sono presenti nella nostra vita. Ma se apriamo la porta a Gesù, se Lo lasciamo entrare nel nostro cuore, sperimenteremo una pace e una gioia che solo Lui, può dare. Gesù chiama ciascuno di noi a rispondere alla sua chiamata: “Siate santi, perché io sono santo”.

“Per essere santi, dice Papa Francesco, non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove ci si trova.

I Santi sono nostri amici: amici non degli esseri inarrivabili e di un altro pianeta, ma gente di carne ed ossa come noi, familiari con la fatica, gli errori e le debolezze di ogni giorno. Sono amici e compagni di viaggio, di un viaggio drammatico ed esaltante. Uomini, perciò peccatori come noi!
I Santi sanno perdonare le offese meglio di chiunque perché non sono mai troppo soddisfatti di sé, non si ritengono mai troppo perfetti.

S. Francesco d’Assisi diceva di essere il più gran peccatore del mondo ed era convinto di esserlo perché consapevole della grande sproporzione tra le grazie ricevute e il suo modo di corrispondervi.

II S. Curato d’Ars (S. Giovanni Maria Vianney) tre volte di seguito cercò di fuggire, di notte, dalla sua parrocchia, per andare dal Vescovo a chiedere il permesso di ritirarsi in solitudine a piangere i suoi peccati. L’ultima volta lo fece tre anni prima di morire: fugge di notte mentre i parrocchiani, che sospettano, sono svegli e pronti a fermarlo. Le persone più vicine tentano di ostacolarlo in tutti i modi: chiedendogli di recitare assieme le preghiere, gli nascondono il breviario, finché gli sbarrano la strada e piangendo gli chiedono di tornare. Ma non fuggiva per la fatica, fuggiva per il timore di non essere degno.

Carissimi, questa è la santità, come afferma Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Gaudete et exsultate”, “della porta accanto”, di quelli che vivono accanto a noi e sono un riflesso della presenza di Dio.

Ma allora dove sta la grandezza dei Santi, se la loro umanità è perfettamente identica alla nostra? La forza, la grandezza dei Santi, è questa certezza invincibile: di essere amati e perdonati. Amen.

1 Novembre – Solennità di Tutti i Santi
(Ap 7, 2-4. 9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12)

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