Oggi Sant’Agostino, il santo che parla alla coscienza dell’uomo

Auguri a tutti coloro che portano il nome di sant’Agostino

A cura di Don Giovanni Boezzi

L’uomo spesso è alla ricerca della pace interiore. Agostino indica la strada attraverso un cammino di ricerca interiore.

Ma chi era sant’Agostino?

Aurelio Agostino d’Ippona (conosciuto semplicemente come Sant’Agostino) nacque a Tagaste il 13 novembre 354. Il padre Patrizio era pagano, mentre sua madre Monica professava il cristianesimo ed esercitò sempre sul figlio una forte influenza.

Agostino d’Ippona trascorse l’infanzia e l’adolescenza tra Tagaste e Cartagine. Insofferente condusse una vita sregolata, di cui si accusò violentemente nelle Confessioni. Contemporaneamente coltivò gli studi classici, appassionandosi in particolar modo al latino.

Dopo un breve soggiorno a Tagaste, ritornò a Cartagine come insegnante di retorica. Qui tra il 380 e il 381 scrisse la sua prima opera retorica (perduta) De pulchro et apto. In questo periodo cominciò ad avanzare riserve nei confronti del manicheismo, che gli appariva poco rigoroso e scientifico rispetto al pensiero greco.

Nel 383 si recò a Roma, intenzionato a insegnare retorica nella speranza di acquisire maggiore successo e denaro. Ma così non fu e nel 384 si trasferì a Milano, sempre come maestro di retorica. A Milano lo raggiunse sua madre e la sua evoluzione spirituale si compì, attraverso la lettura dei testi platonici e neoplatonici cominciò a comprendere il senso spiritualistico del cristianesimo. Sollecitato dalla madre, si fece battezzare da Sant’Ambrogio la notte di Sabato santo, era il 25 aprile del 387. Persuaso che il suo compito fosse diffondere il cristianesimo nella sua patria, decise di tornare in Africa. Nel 381 fu ordinato sacerdote e nel 396 ne divenne vescovo.

Di questo grande vescovo e dottore della Chiesa mi piace lasciarvi una bellissima preghiera, che può essere di spunto a quanti oggi si sono messi per la strada della ricerca e della conversione.

Tardi t’amai, bellezza infinita,
tardi t’amai, tardi t’amai,
bellezza così antica e così nuova.

Eppure, Signore,
tu eri dentro me ma io ero fuori;
deforme com’ero guardavo la bellezza
del tuo creato.

Eri con me e invece io,
Signore non ero con te;
le tue creature mi tenevano lontano,
lontano da te.

Tu mi chiamasti e quella tua voce
squarciò la sordità;
tu balenasti e fu dissipata
la mia cecità.

Tu emanasti il dolce tuo profumo:
di te ho fame e sete:
tu mi hai toccato
ed ora io anelo alla tua pace.

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