«Non era questo il progetto da cui eravamo partiti»

In dialogo con i fratelli e sorelle separati, divorziati, e divorziati risposati

Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia

«Signore Gesù, non era questo il progetto da cui eravamo partiti. La nostra vita, insieme con quella dei figli, è diventata una vita spezzata; e molto di ciò in cui avevamo creduto è crollato miseramente. Non possiamo più pensare a una vita di condivisione con il nostro coniuge fino alla fine dei nostri giorni; abbiamo perso la serenità e abbiamo dovuto fare una brusca virata che ci ha condotti fuori dalla via del progetto iniziale…».

Carissimi, comincia con queste parole la preghiera di una persona separata. La separazione può essere sorta da mille situazioni, le più svariate e complesse, e può manifestarsi in altrettante forme o modalità, ma una cosa è certa: essa rappresenta sempre un evento traumatico, di smobilitazione da una situazione precedente verso una condizione nuova, con un radicale sconvolgimento di aspettative e stili di vita.

Separati da chi? È il titolo di un libro che si occupa di queste problematiche (V. Danna (ed.), Separati da chi? Separati e divorziati: i cristiani si interrogano, Cantalupa (TO) 2003). Separati dal coniuge? Con cui si era pensato di costruire un progetto di vita comune, un’esistenza felice, in una vissuta comunione di intenti e di amore. Sì, separati dal coniuge, ma non separati da chi ci vuole bene.

Non separati dai figli, perché i figli rimangono e rappresentano un dono prezioso e inestimabile. La famiglia rimane, seppur ferita nella sua unità, e vive nei coniugi separati e nei figli nati da quel matrimonio.

Non separati dalla comunità ecclesiale, perché la Chiesa vuole essere vicina ai coniugi separati e far sentire loro la sua sollecitudine materna, come il magistero ha ribadito in tanti documenti, dalla Familiaris consortio ad Amoris Laetitia, e nel Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo scritto al n. 1651: «Nei confronti dei cristiani che si trovano a vivere una situazione di fragilità e che spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i figli, i presbiteri e tutta la comunità devono dar prova di un’attenta sollecitudine, affinché essi non si considerino come separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in quanto battezzati».

Non separati da Dio, perché Dio è Amore e la separazione non spezza la comunione con lui; essa apre alla scuola di altri valori, a partire dalla riscoperta della fede e di un Dio che ci ama e ci perdona, ritrovando dimensioni spirituali spesso smarrite. Soli, dunque, ma non da soli! Nessuno, più di Dio, comprende il vostro dolore; ed è in lui che voi potete trovare un sollievo e un balsamo di guarigione, passando da una «vita spezzata» a una «vita riconciliata».

Di qui due interrogativi che ponete imporre all’attenzione della Chiesa e in particolare di ogni comunità locale e operatore pastorale:

  • Come sostenete i coniugi separati fedeli al sacramento? In che modo potete aiutare a superare i rancori e le rabbie, le paure e le ansie, la tristezza, la depressione e perfino la disperazione?
  • Quale atteggiamento assumete verso i coniugi ri-accompagnati o ri-sposati? Quale può essere il senso della presenza di Dio-Tenerezza nella nostra storia e nel nostro futuro?

Questo cammino che voglio fare insieme a voi si propone di rispondere a questi interrogativi e vuole farlo alla luce della riscoperta del Dio-Tenerezza, mettendo in risalto la spiritualità della tenerezza come carisma principale.

Per rispondere ai vostri interrogativi il lavoro si strutturerà in quattro unità didattiche essenziali:

  1. La fenomenologia della separazione e la necessità di imparare l’arte del perdono;
  2. La scelta della tenerezza, indirizzata a fare della tenerezza l’anima della nuova condizione di vita;
  3. A scuola di tenerezza da Dio;
  4. Uno sguardo al dono prezioso dei figli.

Vorrei lasciarvi con un brevissimo pensiero di Pasternàk che trovate nel «Il dottor Zivago»: “Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, che non hanno mai inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non è svelata la bellezza della vita”.

Come sempre, per rispetto a quanti mi vorranno rispondere oggi e in futuro e lo vogliono fare in modo privato, potete scrivermi sulla e-mail g.boezzi@virgilio.it 

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