La famiglia, segno di speranza

Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia

Carissimi,

ci vuole coraggio ad additare come segno di speranza la famiglia in un tempo in cui la nostra cultura sembra fare di tutto per screditarla e per convincerci che è una realtà in crisi. I mass-media parlano di famiglia solo per annunciare gli episodi di cronaca nera che purtroppo vi accadono all’interno: quasi che la famiglia sia il luogo della fatica, della limitazione della libertà, dei conflitti esasperati, delle violenze, della tragedia.

Sembra che esista perfino una coalizione che ha come obiettivo quello di delegittimare la famiglia, per dimostrare che è una istituzione socialmente superata, come qualche sociologo affermava alla fine degli anni ‘60. In questo clima, la Chiesa invece è sempre più convinta e decisa nell’indicare nella famiglia una via privilegiata di crescita e di sviluppo della persona umana e di riflesso della sua missione pastorale, oltre che della vita sociale.

Non per nulla Giovanni Paolo II ha definito la famiglia «la via della Chiesa» (Lettera alle famiglie, n.2): non una delle tante vie della Chiesa, ma “la” via. Noi guardiamo alla famiglia cercando di trovare nella storia di ogni famiglia una traccia di speranza, che ci fa pensare al futuro con ottimismo.

Quello che vorrei trasmettervi attraverso questa riflessione è che la famiglia può essere oggi il luogo privilegiato della speranza del mondo, può essere un testimone particolarmente efficace della presenza di Gesù risorto, che è speranza del mondo.

Nel Direttorio di Pastorale Familiare al n. 97 i Vescovi hanno fatto una affermazione veramente coraggiosa, che è stata una intuizione profetica: «La famiglia è di sua natura il luogo unificante oggettivo di tutta l’azione pastorale».

Cosa è la speranza? “Speranza” non è semplicemente una parola di moda che si tira fuori per uscire dalla depressione quando aumenta la paura; è una virtù “teologale” che, insieme con la fede e la carità, è radicata non nei nostri sentimenti o nei nostri calcoli ma in Dio: un dono che Dio ha comunicato alla storia degli uomini e ad ogni singolo credente mediante la morte e la risurrezione di Gesù.

La speranza è quella virtù che ci aiuta a tradurre in pratica la preghiera che ci accompagna in molte Eucaristie: «O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni».

La speranza ci aiuta a camminare nella storia fissando lo sguardo sui beni eterni che ci attendono. La speranza è la più piccola delle tre sorelle, come dice Charles Péguy: «La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi e non si nota neanche». Per capire la portata rivoluzionaria della piccola virtù della speranza, basta che torniamo con il pensiero alla Veglia pasquale, quando siamo passati dalla tragedia del Calvario e dal grande silenzio del sabato santo, simbolo della notte e dell’attesa di un mondo senza speranza, alla luce piena e alla festa dell’Exultet.

Abbiamo esultato e ringraziato Dio perfino del nostro peccato e del nostro fallimento, perché questo è diventato il luogo nel quale si è manifestata per noi la tenerezza e la potenza di Dio: il luogo dove Dio ha acceso per noi una speranza inaudita. Gesù risorto è dunque la sorgente della speranza che attraversa e segna tutta la storia umana. Una storia maledetta, una storia di morte a causa della miseria umana, è divenuta, a partire da quella notte, una storia di salvezza, una “storia sacra”, abitata da Dio.

La storia di ogni persona e di ogni comunità ha la possibilità di attingere a quella sorgente e divenire storia di speranza.

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