Preparare i bambini al sacramento della prima confessione in chiave esperienziale, ovvero kerigmatica
Per parlare ai bambini dobbiamo ridiventare piccoli e non dare nulla per scontato e ogni parola deve poter parlare alla loro vita di bambini di 9 anni evitando parole che non sono ancora alla loro portata e proporre concetti che possano essere lontani da loro.
Possiamo iniziare l’incontro di preparazione alla confessione proponendo la parabola del figliol prodigo (Luca 11, 15-32) e spiegarla soffermandoci sulla figura di questo papà che ama e che aspetta a braccia aperte il figlio da appena se ne è andato. “Nella confessione riceviamo questo abbraccio di Dio, un papà che ci ama alla follia”
Innanzitutto una domanda diretta a loro: che cosa significa secondo voi la parola “Peccato”?
Dio pur donandoci il libero arbitrio ci ha lasciato delle dritte per essere felici e pienamente liberi perché il peccato ci rende schiavi.
È come una coppia di genitori che raccomanda al figlio, non ancora in grado di capire le cose del mondo, di non toccare la presa della corrente perché ne può rimanere fulminato.
Gesù ci ha dato una cartina al tornasole per misurare i nostri peccati, una legge che da pieno compimento a quelli che usiamo chiamare i 10 comandamenti.
Ama Dio al di sopra tutti e ama il tuo prossimo come te stesso. « Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro » (Mt 7,12).
Se mettiamo Dio al primo posto significa rinunciare continuamente a costruirci degli idoli che minano la nostra vita. Ci siamo mai chiesti se amiamo davvero noi stessi. A volte siamo i primi a darci per scontati. Amarsi veramente per quel che si è, è un’impresa ardua. La nostra cultura, i mass media sembrano dirci che per essere belli o delle persone a posto dobbiamo rispettare certi canoni. Un giorno un sacerdote di Calimera disse proprio questo: se ci spogliassimo di tutti gli stereotipi e avessimo la piena consapevolezza che ognuno di noi è incredibilmente e meravigliosamente unico ci potremmo accorgere di quanto siamo belli. Non si può amare l’altro se non si è disposti ad amare davvero se stessi. Con una piena consapevolezza di sé si può anche provare ad amare gli altri.
Dopo la liberazione del popolo d’Israele Dio dona le 10 Parole (spesso erroneamente chiamate i 10 comandamenti) che altro non sono che delle dritte per essere liberi nel cuore, nella mente e in tutta la persona ed avere una vita serena con sé stessi e nelle relazioni con Dio e gli altri.
Ognuno dei 10 comandamento/Parola/insegnamento è una parola d’amore per noi nella vita concreta di ogni giorno.
Proviamo ora ad analizzare le 10 parole come una sorta di cartina al tornasole per fare quell’esame di coscienza con questi parametri e facendo degli esempi concreti. Predisponiamo un libricino dove i bambini possono attaccare i 10 comandamenti e a fianco a ogni comandamento possano invitarli a scrivere ciò che li riguarda in prima persona.
- 1° Non avrai altro Dio fuori che me: amare Dio davvero ci aiuta a vivere da uomini con un cuore libero capace di amare davvero. Facciamo esempi concreti: se il gioco, il trucco, gli oggetti, … diventano più importante delle persone che abbiamo al nostro fianco, e a cui non dedichiamo il giusto tempo o peggio ancora li trattiamo male senza neanche accorgercene. Ci siamo così costruiti un idolo che ci rende schiavi a ci porta a non vivere pienamente la nostra vita. E come il lavoro può essere una casa, i soldi, un affetto e persino le cose di Dio se non vissute nella libertà e nell’amore. Anche il servizio può divenire un idolo e anche se abbiamo la scusa di farlo per il Signore il nostro cuore ne è lontano. Nel mettere Dio al primo posto siamo uomini e donne liberi da idoli e riusciremo a vivere ogni cosa con il giusto equilibrio ed in maniera positiva.
- 2° Non nominare il nome di Dio invano: Dio ci ama immensamente più di tutti in assoluto, ci ha pensati prima ancora che fossimo generati e se anche noi lo amiamo non lo chiamiamo mai in termini dispregiativi. Ciascuno di noi ha un nome, fa parte della nostra identità e così anche Dio. Non solo amare il nome di Dio ma anche difendere il suo nome quando qualcuno offende il nome del nostro Papà celeste. Ho avuto vergogna di testimoniare Dio davanti alle persone? Se un tuo carissimo amico/fratello ti chiama stupido, scemo o ti prende in giro per il tuo nome, o lo pronuncia in termini dispregiativi…tu non ci resteresti male?
- 3° Ricordati di santificare le feste: pensate a i giorni di festa. Il primo a rispettare questo comandamento è stato proprio Dio. Genesi 2, 2-3: 2 Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. 3 Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. E se Dio che è Dio e tutto può e che forse ha sentito la necessità di riposarsi nel donarcelo come insegnamento è perché sa che abbiamo bisogno di ritemprare le forze spirituali e da queste ritempreremo anche quelle fisiche. È l’amore dei genitori che vedono i figli sgobbare tutta la settimana figli ed esorta “Venite a me voi che siete stanchi e oppressi”. La messa della domenica/festa è l’occasione per ritemprarsi e andare a casa di mamma e papà per pranzare ed essere serviti e riveriti: la Parola viva capace di parlarci a tu per tu, l’Eucarestia cibo che ci collega con il cielo e l’assemblea per condividere il cibo con i fratelli. E quando non andiamo a messa nel giorno della festa senza degli impedimenti oggettivi è la cosciente rinuncia a questo patrimonio immenso. Spesso pensiamo che vorremmo solo rilassarci e fare solo le cose che ci piacciono ma spesso a fine giornata può capitare che non ti senti soddisfatto e che ti manca sempre qualcosa. Santificare le feste significa rendere partecipe della tua festa anche Dio, è un fare festa partendo da Dio che è l’inizio e il fine di ogni cosa. È come quando si diventa grandi e si torna a casa della nostra famiglia di quando siamo nati e i nostri genitori ci aspettano con gioia per fare festa con noi perché sono felici davvero di vederci. Una gioia immensa che non ha parole per essere descritta. E con questo spirito e questa consapevolezza dovremmo cercare di andare a messa tutte le domeniche e in tutti i giorni di festa. La domenica è una dolce intuizione del buon Padre di famiglia per farci fare pausa e fare festa con noi.
- 4° Onora il padre e la madre: amare e rispettare i nostri genitori anche perché amando i nostri genitori noi amiamo le nostre origini e quindi anche noi stessi. Quante cose fanno per noi: a volte diamo tante cose per scontate, e spesso ci accorgiamo di loro solo quando ci vengono a mancare. Papa Francesco ci ribadisce l’importanza di tre parole: “Grazie, permesso, scusa”.
- 5° Non uccidere. Il Signore ci insegna “Ama il prossimo tuo come te stesso. ..Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Chiedetevi sempre “Io mi amo? E come mi amo”. E se non riusciamo ad amarci dal profondo del cuore e con sincerità chiediamo aiuto allo Spirito Santo. Amare noi stessi è il nostro metro. Non dovremmo mai permettere a nessuno di trattarci male o offenderci. Non uccidere non si riferisce non solo al corpo a volte possiamo uccidere anche con le parole, la cosa che a volte facciamo senza neanche accorgerci è quella di parlare a un amico male di un altro amico che casomai neanche c’è. O per gli adulti quando non pagano i propri operai, o considerare gli altri delle persone inutili…fare dei gesti che possono offendere gli altri, imbrogliare il prossimo, non rispettare le leggi, mettere in cattiva luce i colleghi, i fratelli del servizio, voler fare a tutti i costi un servizio senza coinvolgere perché si pensa che si è migliori degli altri …Ho volontariamente fatto qualcosa che abbia recato danno alla vita fisica, morale o spirituale del prossimo? Rispetto la vita con la moderazione nel cibo, nell’alcol, nel fumo? Fuggo la droga? Sono prudente nel guidare l’automobile, per non mettere in pericolo me stesso o gli altri? Covo rancori? Mi sono adirato?
- 6° Non commettere atti impuri: un giorno un sacerdote di San Salvo don Andrea ha detto: per sapere dov’è Dio toccate le vostre mani. Dio è in noi e vive con noi in una simbiosi d’amore tutto ciò che viviamo nella carne. Il nostro corpo è tempio (casa) dello Spirito Santo. Questa Parola (comandamento) ci propone di aver sempre rispetto del nostro corpo e di quello degli altri. Quando facciamo o pensiamo qualcosa di sbagliato anche se nessuno lo sa è la nostra coscienza che ci dice che è sbagliato. Spesso quando non rispettiamo il nostro corpo o quello degli altri (anche solo con il pensiero) fa scattare in noi un senso di vergogna: ma se qualcuno lo sapesse….?
- 7° Non rubare: se ami non ti permetteresti mai di rubare qualcosa al tuo amico/fratello, casomai glielo chiedi. Ama il prossimo tuo come te stesso: se qualcuno ti ruba qualcosa a cui tieni oltre a restare male per l’oggetto di cui sei stato privato ma ti senti ferito dentro. Non so se vi è mai capitato che vi sono entrati dei ladri in casa: quando rienti a casa ti senti privato della tua privacy. Non pagare gli operai è rubare loro il frutto del loro lavoro. E tornando alla regola d’oro “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Ho sottratto oggetti o denaro di altri o della comunità? Ho riparato o restituito, se ero in grado di farlo?
- 8° Non dire falsa testimonianza: quanto sono brutte le bugie. A volte si parla di bugie bianche fatte a fin di bene. Ma non esiste una bugia a fin di bene è solo una facciata per acquietare la coscienza. Gesù ci ha detto che Lui è “Vita, via e Verità” proprio per insegnarci che la verità è sempre la strada migliore in ogni circostanza. Non vi è mai capitato di dire una bugia e poi di essere stati scoperti? Che figura ci avete fatto? È sempre meglio dire e comportarsi secondo verità anche se può comportare delle conseguenze che di primo acchito possono sembrare brutte.
- 9° Non desiderare la donna d’altri. Molti insegnamenti acquisiscono un significato diverso in base al tempo che stiamo vivendo. Conoscete la parola “invidia”. È un sentimento che ci fa star male perché nel nostro modo di pensare non abbiamo qualcosa che invece altri hanno. L’invidia è diverso dal semplice desiderio: mi piacerebbe avere quell’amico, quella casa,… e finisce lì e non turba il mio cuore. Invece con l’invidia sto male dentro: perchè lui/lei ha questo e io no?” Con questa Parola/comandamento è come se ci volesse dire: “Io so ciò che è bene per te ama innanzitutto chi hai accanto, i tuoi amici le tue cose….hanno un valore immenso”. Ho custodito il pudore?
- 10° Non desiderare la roba d’altri Sono invidioso dei beni altrui? Mi lamento di ciò che ho?
Una volta capito ciò che mina la nostra felicità possiamo ricorrere al sacramento della confessione. È chiamato sacramento della Penitenza poiché consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore. È chiamato sacramento della Confessione poiché l’accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. In un senso profondo esso è anche una « confessione », riconoscimento e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l’uomo peccatore. È chiamato sacramento del Perdono poiché, attraverso l’assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente « il perdono e la pace ». È chiamato sacramento della Riconciliazione perché dona al peccatore l’amore di Dio che riconcilia: « Lasciatevi riconciliare con Dio » (2 Cor 5,20). Colui che vive dell’amore misericordioso di Dio è pronto a rispondere all’invito del Signore: « Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello » (Mt 5,24).
Quando andremo a confessarci dal sacerdote riceveremo una grazia ossia un dono del cuore.
DINAMICA: far schiacciare bastoncino/braccialettino LED o far accendere una candela per simboleggiare la luce donata dal sacramento della Confessione.
Immagini e scritte per il libricino:

