“Onore nostro essere delle pecore di Gesù”

(Commento al Vangelo di don Andrea Manzone)

La quarta domenica di Pasqua tradizionalmente siamo invitati ad ascoltare il Vangelo del Buon Pastore (Gv 10). Un vangelo in cui si parla di pecore, pastori, ovili… non è immediatamente immaginabile.

Ricordo che chiedendo a diversi bambini se avessero mai visto una pecora dal vivo la risposta fu ampiamente negativa. Eppure il vangelo di oggi inizia parlandoci di una porta. Può sembrare banale ma… che cos’è una porta? È un luogo che delimita un accesso, che individua un dentro e un fuori ma, soprattutto, è un luogo di riconoscimento. Un po’ come nel calcio: su 11 giocatori, è necessario che uno sia in porta, per non lasciar entrare il pallone.

La porta è un luogo di controllo, entra solo chi è famigliare. Solo il Colosseo è senza porte. E infatti non ci abita nessuno.

Ed ecco i due tipi: il ladro, che non può passare dalla porta, e il pastore, che entra ed esce dalla porta; entrambi hanno un solo obiettivo: le pecore.

Il ladro non vuole farsi sentire, non parla, viola la soglia, ruba, prende per se, uccide, distrugge. Il buon pastore lo si riconosce velocemente: la sua voce è famigliare. Il buon pastore è il tipo che, quando suona al campanello, può rispondere: “Sono io!” perché la sua voce è nota. Ma che significa tutto questo per noi? In primo luogo, che siamo merce ambita! Tutti ci vogliono: Cristo ci desidera, ma anche altri, le cui intenzioni non sono quelle di Gesù.

E nel tempo dei trucchi e delle mistificazioni, dove non si sa più cosa sia vero o falso, sono in tanti a travestirsi da Cristo, sono ancora di più a farci la straordinaria promessa del vangelo: “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” e poi… morte! Tac! “Ma come, non c’era la vita?”. Esperienze di una vita mortalmente fasulla. Ma poi c’è quella voce, quella voce che ci è nota ma in maniera diversa dalle altre: è più che un ricordo, è un’identità!

È un elemento autentico del cuore, non un doppiatore efficace ma il risveglio dopo il sonno della coscienza. Il guardiano dell’anima riconosce la Sua voce, le sue pecore (onore nostro di esserlo!) riconoscono la Sua voce e lo seguono, perché non sarà lui a toglierci la vita ma – ed è il motivo per cui leggiamo questi brani a Pasqua – a darcene più di quanto possiamo immaginare e desiderare! Uno dei primi effetti della pubertà è il cambiamento della voce; capitava spesso di telefonare a casa di qualcuno e di scambiare il figlio per il padre.

Ecco, così è con la voce di Gesù: quando ascoltiamo la sua voce, ascoltiamo la voce del Padre. Non ci resta che alzarci e seguirlo.

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