“Non spuntano come funghi”

     (Dott.ssa Ivana de Leonardis – Consulente Familiare®)

L’adolescenza di un figlio, con tutte le sue contraddizioni, a volte ci sembra che piombi sulle nostre vite come se il figlio fosse una novità assoluta, nata in quel momento. In realtà, a volte ci dimentichiamo che per arrivare all’adolescenza, un figlio passa prima attraverso l’infanzia.

Gli adolescenti non spuntano fuori come funghi, per usare un’espressione di una mia carissima collega. Non arrivano dal nulla dopo una notte di pioggia. Crescono nel corso negli anni e allora, da genitori, più che chiederci: “Come posso comportarmi adesso con loro?”, la domanda buona da farsi forse è: “Come mi sono comportato fino ad ora con loro?. Che tipo di genitore ho scelto di essere fin da quando mio figlio era piccolo?”.

Il tema su cui confrontarci oggi è proprio questo: gli stili educativi. Quando si parla di stili educativi, si intende l’insieme di atteggiamenti, opinioni e azioni che come genitori mettiamo in campo nella relazione con i nostri figli fin da quando vengono al mondo. Lo stile educativo è influenzato dalle caratteristiche del bambino, ma anche e soprattutto dalle caratteristiche del genitore, dalle sue credenze, dallo stile che ha assorbito quando a sua volta era figlio, oltre che dai modelli socioculturali a cui ci si ispira.

Si parla di stile, perché non si tratta di azioni isolate e scollegate tra loro, ma di un modo di essere che permea la figura del genitore. Ed è educativo, perché questa è la funzione principale dell’essere genitore, diversamente da qualunque altro tipo di relazione.

Educare viene dal latino ex-ducere, che significa: condurre fuori. Educare significa aiutare il bambino/ragazzo a sviluppare (a tirare fuori) il proprio potenziale umano che è già insito in lui, a diventare persona. L’educazione è quindi la pro-mozione (cioè l’azione a favore) di tutti gli aspetti della personalità del figlio: fisici, intellettivi, affettivi e relazionali. Il tutto non per il bene nostro, ma per il bene del figlio. Si nasce genitori per donare il proprio figlio alla Vita, per consegnarlo in primis a se stesso.

Perché è così difficile educare? Perché non è un’operazione matematica, non c’è garanzia di risultato, ma nello stesso tempo non c’è nemmeno neutralità.

Significa che se da un lato è possibile che si sia cercato i fare del proprio meglio come genitori, pur ottenendo alla fine dei risultati diversi da quelli che ci si aspettava, nello stesso tempo non è vero che a questo punto “una cosa vale l’altra”.   

Nel passaggio tra l’agire del genitore e le sue conseguenze sul figlio, in mezzo c’è appunto il figlio, che non è un oggetto da costruire ma una persona che, in quanto tale, porta in sé ciò che ha “ereditato” dai suoi genitori a cui aggiunge un tratto di novità tutta sua, che lo renderà unico e imprevedibile rispetto ad ogni aspettativa o desiderio genitoriale.

Esistono quattro diversi stili educativi che i genitori scelgono di adottare fin da quando il proprio figlio è piccolo. Ogni stile educativo si muove su due variabili: l’esigere e il rispondere.

Nell’esigere rientrano tutti i limiti e i controlli che un genitore esercita sul proprio figlio, nel rispondere rientra invece la capacità di dare ascolto ai bisogni del figlio. A seconda che prevalga maggiormente una o l’altra variabile, oppure se sono più o meno bilanciate, possiamo avere:

  • Lo stile autoritario: prevalgono le regole, la rigidità, le intimidazioni, le punizioni. E’ lo stile del: “Si fa come dico io, punto e basta!”. I figli del genitore autoritario sono i “Figli dei NO” a prescindere, perché “Così è stato per me, così dovrà essere anche per te!”.  
  • Lo stile permissivo: non punisce, non detta regole, soddisfa ogni desiderio del figlio, è comprensivo, è attento ai suoi bisogni, anche a quelli inespressi, mette il figlio al centro, lo asseconda, lo giustifica sempre, non pretende nulla da lui. I figli dei genitori permissivi sono i “I figli dei SI”, ripetuti e costanti, senza limiti, senza confini. Sono i figli del: “Quello che non ho avuto io da figlio, voglio che lo abbia tu, perché tu non abbia a soffrire come me”.
  • Lo stile disimpegnato: non controlla ma nello stesso tempo nemmeno sostiene, lascia fare tutto, tanto il figlio farà da sé.
  • Lo stile autorevole: ha una idea chiara di regole e confini, ma nello stesso tempo è attento ai bisogni del figlio, è capace sia di limitare che di promuovere, sa che a un figlio si può non solo dare ma anche chiedere.

Inutile dire che lo stile più appropriato sia quello autorevole, in cui testa (le regole) e cuore (l’affettività) sono bilanciati tra loro in una danza che varia a seconda dell’età del figlio. E’ difficile chiedere a un sedicenne di aiutare in casa o di rimettersi in ordine la stanza se gli abbiamo portato la colazione a letto fino al giorno prima. E nemmeno si può pretendere che improvvisamente parli con noi e ci racconti tutto di sé perché siamo preoccupati per lui/lei, se quando erano piccoli il momento del pranzo e della cena erano i momenti del telegiornale (su questo punto mettiamoci l’anima in pace: un adolescente non ci racconterà mai tutto di sé perché lo racconterà a qualcun altro ed è giusto che sia così. Rassegniamoci!).

Non esiste il genitore perfetto e una certa dose di errori e imperfezioni non solo sono da mettere in conto, ma qualche volta sono addirittura necessari per insegnare ai figli che si può anche sbagliare. A tutte le età.

Esistono però genitori consapevoli dell’importanza del dono che hanno ricevuto da quando sono diventati mamma e papà e che cercano di fare del loro meglio, con quello che sono e con quello che sono capaci di essere e di fare. E quando proprio non ce la fanno da soli, è bello anche che chiedano aiuto a chi può sostenere le loro fatiche.                                                                                                         dott.ssa Ivana de Leonardis – Consulente Familiare®

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