“Il Figlio di Dio è entrato nel mondo attraverso una famiglia”

(Commento al Vangelo di don Simone Calabria)

Il Figlio unigenito del Padre, è entrato nella nostra storia umana, ma Egli vi è entrato nel mondo come ogni uomo entra nel mondo: attraverso una famiglia.

Il mistero del Natale è dunque in stretto rapporto con la famiglia, con ogni famiglia. Ecco perché nella I Domenica dopo Natale, celebriamo il mistero della S. Famiglia di Gesù di Nazareth e, nella sua luce, di ogni famiglia umana. 

Se confrontiamo la prima lettura ed il Vangelo, vediamo che al centro stanno due ragazzi: Samuele e Gesù adolescente di dodici anni. Ambedue poi ci sono presentati nel loro essere ed appartenere al Signore. “Per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore”, dice Anna, la madre di Samuele, nel momento in cui lo dona definitivamente al servizio di Dio. 

“Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” dice Gesù a sua Madre Maria, svelando per la prima volta la consapevolezza di una missione da compiere: ricerca del Padre. Attorno poi ai due ragazzi, Samuele e Gesù, si muovono i genitori: Elkana e Anna, genitori di Samuele; Giuseppe e Maria, genitori di Gesù. Nel primo caso, la S. Scrittura non annota difficoltà particolari nel rapporto genitori-figlio. Nel secondo caso, il Vangelo sottolinea con forza sia una difficoltà di comprensione, “ma essi non compresero le sue parole”, sia uno sforzo di passare, da parte dei genitori di Gesù, dal semplice rimprovero, “figlio, perché hai fatto così?”, allo sforzo di capire, “sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore”. Vedete che sono due aspetti di vita familiare che mettono al centro la persona del figlio come persona che non appartiene ai genitori, ma che appartiene al Signore.

L’Esortazione Apostolica Amoris laetitia,1 di Papa Francesco afferma che: “La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza, ma anche con la forza della vita che continua”.

Nel Vangelo appena ascoltato ci viene presentato una storia di crisi familiare, di un adolescente difficile, Gesù, di due genitori, Giuseppe e Maria, che non riescono a capire che cosa ha in testa: “Figlio, perché ci hai fatto questo?”. Perché ci hai fatto stare in angoscia?

Quell’angoscia che Maria e Giuseppe provarono nei tre giorni dello smarrimento di Gesù, dovrebbe essere anche la nostra angoscia quando siamo lontani da Lui, quando siamo lontani da Gesù. Dovremmo provare angoscia quando per più di tre giorni ci dimentichiamo di Gesù, senza pregare, senza leggere il Vangelo, senza sentire il bisogno della sua presenza, della sua consolante amicizia.

Questo è il racconto di una famiglia che alterna giorni sereni, tranquilli da altri drammatici, come accade in tutte le nostre famiglie, specialmente se ci sono figli adolescenti, ma che, comunque, sa fare buon uso delle crisi, attraverso un dialogo senza risentimenti e senza accuse. “Figlio perché ci hai fatto questo?”. L’interesse di Maria non è rivolto al rimprovero, non accusa, non giudica, non si scoraggia perché il figlio l’ha fatta soffrire, ha fatto una cosa che non doveva fare (si è allontanato dalla carovana), ma cerca di capire, di comprendere, di accogliere una diversità difficile: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.  

I figli non sono nostri, appartengono al Signore, e devono essere aiutati, educati a capire e a vivere questa loro appartenenza, cioè la propria vocazione, con libertà e rispettando la propria dignità di uomo. Quanto è difficile a capire questo mistero!

Un figlio non può, non deve strutturare la sua vita in funzione dei genitori. È come fermare la ruota della creazione. 

“Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro” e tuttavia nessun dramma o ricatto emotivo, nessuna chiusura del dialogo. Un figlio non è sempre comprensibile, ma è sempre abbracciabile, da amare e accettare per quello che è. 

“Scese dunque con loro e venne a Nazaret”. Si ricomincia sempre d’accapo anche se non tutto è chiaro; si persevera dentro l’eco di una crisi, meditando e custodendo nel cuore gesti, parole e domande finché un giorno tutto si sistemerà. “Gesù venne a Nazaret e stava loro sottomesso”. C’è incomprensione, c’è un dolore che pesa sul cuore, eppure Gesù torna con chi non lo capisce. E cresce dentro quella famiglia santa ma non perfetta, santa e limitata. Quante volte anche noi ci meravigliamo, nelle nostre case, di non capirci! Tutte diversamente imperfette, ma tutte capaci di far crescere.

Maria e Giuseppe, “dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava”: anche noi, è soprattutto nella casa di Dio che possiamo incontrare il divino Maestro e accogliere il suo messaggio di salvezza. Nella celebrazione eucaristica facciamo esperienza viva di Cristo; Egli ci parla, ci offre la sua Parola, illumina il nostro cammino, ci dona il suo Corpo nell’Eucaristia da cui attingiamo la forza per affrontare le difficoltà di ogni giorno.

E oggi torniamo a casa con queste due parole: stupore e angoscia.

Dobbiamo avere stupore quando vediamo le cose buone degli altri e così risolvere i problemi familiari, e sentire angoscia quando ci allontaniamo da Gesù.

Preghiamo per tutte le famiglie del mondo, specialmente quelle in cui, per vari motivi, mancano la pace e l’armonia.

E le affidiamo alla protezione della Santa Famiglia di Nazareth. Amen.

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